Re Lear apre la nuova stagione del Globe Theatre
“Siamo venuti al mondo piangendo. Sai perché piangemmo? Perché ci accorgemmo di essere capitati su un palcoscenico pieno di pazzi”. Nelle tragedie shakespeariane quello della follia è un tema ricorrente, una pena che affligge e consuma i grandi uomini di potere: Amleto, Macbeth, Re Lear. È quest’ultima l’opera scelta per inaugurare la nuova stagione del Globe Theatre; riadattata da Giuseppe Dipasquale, Lear. la storia è interpretata da Mariano Rigillo, a cui spetta l’arduo compito di vestire i panni del sovrano “diventato vecchio prima di diventare saggio”.
Questa tragedia Shakespeariana sul difficile rapporto tra padri e figli e tra potere e vanità è declinata da Dipasquale in modo classico e ossequioso. Sulla scia della tradizione anche i personaggi femminili vengono interpretati da attori di sesso maschile (ad eccezione di Cordelia), come fu nel teatro elisabettiano. Lear. La storia ha inizio con la decisione del sovrano di spartire il suo regno tra le sue tre figlie, con la clausola che la parte più grande andrà a colei che proclamerà con più trasporto e lusinghe il suo affetto per il padre. Lear cede alla debolezza della vanità senile illudendosi che l’amore possa essere misurato con le parole, e quando la figlia prediletta Cordelia rifiuta di profondersi in lodi ipocrite e menzognere come le due sorelle Regan e Goneril, il re infuriato la bandisce dal regno.
Tutta la forza drammaturgica di Lear. La storia sta nel logos; affidando la narrazione alla sola parola lo spettacolo finisce però per mancare di mordente e risultare affannato. Limite più evidente, la scarsa empatia suscitata nello spettatore: da un’opera di tale caratura l’aspettativa è ben altra. Re Lear è una delle tragedie più oscure e pessimiste del Bardo, ma tutta la sua forza evocativa resta qui sommersa e latente, nonostante la bravura dell’intera compagnia. L’intensità della tragedia shakespeariana è data dall’aspetto fondante di coralità del dramma, qui tradotto però in modo poco convincente; il testo non emerge mai in tutta la sua espressività, veicolando solo parzialmente i temi dell’opera: la presunzione di sentirsi immortali, l’ambizione distruttiva, la crisi della civiltà degli uomini dominata dal male e dalla grettezza. “Sono tempi maledetti quando i pazzi conducono i ciechi”. Si replica fino al 3 luglio sotto le stelle di Villa Borghese.
Re Lear apre la nuova stagione del Globe Theatre
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_