Intervista a Federico Le Pera: “Tra un ciak e l’altro giocavo a calcio col nipote di Tornatore”
“Capire il completo significato della vita è compito dell’attore; interpretarla il suo problema; ed esprimerla la sua missione” affermava l’icona del cinema James Dean. Pensiero sicuramente condiviso da Federico Le Pera, classe 1989, attore romano, che, nonostante la giovane età, ha già tagliato traguardi importanti nella sua carriera. Cresciuto in una famiglia di artisti, si è contraddistinto per una personalità proteiforme, un aspetto decisamente indispensabile nel mondo della recitazione.
Tra i ragazzi che decidono di intraprendere il mestiere dell’attore, c’è chi afferma di farlo per vocazione e chi invece dice che si è trattato di una semplice casualità. La recitazione, per te, era un sogno nel cassetto oppure sei stato indirizzato verso questa scelta?
No, non era un sogno nel cassetto, sono stati i miei genitori, con la loro passione, a introdurmi nel mondo dello spettacolo, poiché anche loro, come me, sono nati e cresciuti in questo ambiente. Mia madre, Veronica Poniciappi, è una coreografa e ballerina: ha collaborato con Gino Landi in diverse trasmissioni televisive. Mentre mio padre, Pino Le Pera è uno dei fotografi teatrali più importanti in Italia insieme a mio nonno Tommaso Le Pera, un precursore della fotografia di scena teatrale. Sono cresciuto nei teatri e spesso mi addormentavo in platea mentre loro facevano servizi fotografici… Eppure, vorrei precisare, la mia famiglia non mi ha mai forzato ad imboccare questo percorso.
Quando è cominciata la tua carriera?
L’inizio è stato come un gioco, grazie ad alcuni spot. Ho girato la prima pubblicità a 7 anni ed è stata un’esperienza molto bella. Era della Mulino Bianco e ricordo le tantissime merendine che mi facevano magiare durante le riprese (sorride, ndr). La sceneggiatura raccontava la classica famiglia con la sveglia puntata alle 7 e mezzo, pronta per consumare il primo pasto della giornata insieme, con aria fresca e riposata. Ammetto che io stesso penso che nessuna famiglia italiana si svegli con quel mood, né che abbia il tempo di fare una colazione così ricca e serena. Oggi il nuovo format della Mulino Bianco è decisamente d’avanguardia rispetto a un paio di decenni fa. A 9 anni, poi, sono stato testimonial della Omnitel, mentre, compiuti i 10, ero nello spot della Tim: ne nacque una diatriba, perché prestavo il volto per entrambe le compagnie telefoniche. Finita la parentesi pubblicitaria, di lì a poco, mi è stato proposto di fare teatro.
Per Philippe Caubère il teatro è un modo di vivere, il cinema un modo di lavorare. Tu conosci entrambi questi spazi che sospendono la dimensione temporale. Vuoi raccontarmi la tua esperienza?
Il mio primo spettacolo teatrale è stato Full Monty, musical per la regia di Gigi Proietti, con Rodolfo Laganà e Giampiero Ingrassia. Interpretavo Nathan, il figlio di Ingrassia, intento a convincere il papà a fare uno spogliarello ironico per guadagnarsi soldi ed arrivare alla fine del mese. Poi è arrivato il mio primo agente e da quel momento è iniziato il percorso professionale nel mondo della tv e del cinema. La mia prima apparizione sul grande schermo è stata ne La leggenda del pianista sull’oceano, interpretato da Tim Roth e diretto da Giuseppe Tornatore. Avevo dieci anni ed è stato magnifico. Tornatore è stato adorabile con me: il set era magnifico ed immenso, io ero un bambino timido ed impaurito, ma lui è stato capace di mettermi a mio agio. Ricordo che nelle pause tra un ciak e l’altro giocavo a pallone con suo nipote.
Poi è arrivato lo schermo che si misura in pollici, ovvero la televisione. Con “Tutti pazzi per amore” (Rai 1 – 2008) hai ammaliato molte adolescenti. Parlami di quest’avventura.
Quando mi hanno proposto Tutti pazzi per amore, ero molto scettico. Non vado matto per la tv italiana, ho sempre trovato molto superficiale l’intreccio delle fiction nostrane. La serie però aveva qualcosa di diverso e così ho accettato di entrare nel cast. Era un progetto che andava fuori gli schemi, trattava temi significativi che ancora non erano all’ordine del giorno sul piccolo schermo, come l’omosessualità, la separazione, le famiglie unite e quelle allargate. Ho lavorato accanto ad attori importanti, Emilio Solfrizzi, Stefania Rocca, Piera Degli Esposti e Neri Marcorè. Avevo 18 anni e interpretavo il bello, “maledetto e impossibile” della scuola, che seduceva la figlia di Solfrizzi…
È arrivata la felicità (Rai 1 – 2015) è un’altra serie che vede nel cast nomi importanti. I panni di quale personaggio vestivi?
In È arrivata la felictà, diretto da Riccardo Milani e Francesco Vicario (il regista dei famosi Cesaroni) interpretavo il ruolo di un fantino, proprietario di un maneggio e campione di equitazione, che impartiva lezioni al figlio di Claudio Santamaria, protagonista della serie, e alla figlia di Claudia Pandolfi. Anche in questo caso indossavo i panni del macho e anche qui c’era una ragazza che s’innamora di me, ovvero la figlia della Pandolfi: una storia molto travagliata (ride, ndr). Tengo a precisare che nella vita di tutti i giorni non sono assolutamente come i miei personaggi, ma molto più morbido, dolce ed affabile di come mi descrivono nelle serie.
Cosa rappresenta per te il mestiere dell’attore?
L’attore è colui che riesce a raccontare una storia originale e contemporaneamente spezzoni di vita comune. La sfida è riuscire ad immedesimarsi nella quotidianità del personaggio pur non vivendola in prima persona, e far immedesimare chi guarda lo spettacolo. Anche se non sembrerebbe, è uno dei mestieri più difficili del mondo. In scena, purtroppo o per fortuna, noi attori portiamo il nostro vissuto, il nostro bagaglio di esperienze, tutto ciò che riguarda la nostra vita: è inevitabile. Nel bene o nel male, la nostra forza è quella di utilizzare emozioni e sentimenti nostri e trasmetterli a chi ci segue. Io, poi, oltre ad essere un attore, sono anche un musicista: ho studiato per quattro anni all’Accademia Saint Louis di Roma, nasco come flautista di flauto traverso, poi ho cominciato con il basso, la chitarra, la tastiera: in sintesi, mi piace sperimentare con qualsiasi oggetto emetta musica.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ti rivedremo in televisione?
Quanto alla tv, presto cominceranno le riprese della seconda stagione di È arrivata la felicità. A dicembre riprenderò lo spettacolo teatrale intitolato Le belle notti, per la regia di Claudio Boccaccini e scritto da Gianni Clemente: è la storia di un liceo occupato di Roma nel 1969, durante la giornata della strage di Piazza Fontana. La vicenda si articola in due parti: all’inizio interpreto un tipo spocchioso e superficiale, poi, quando la storia si sposta nel 2005 e tutti noi attori interpretiamo i figli dei protagonisti del primo atto, vesto i panni di un ragazzo omosessuale, molto timido e dimesso.
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