Annamaria, quanto costa una bugia!

La poltrona da ministro di Annamaria Cancellieri comincia a scottare. Dopo le ultime rivelazioni, la standing ovation dei banchi della maggioranza dopo la sua difesa in Parlamento è ormai un lontano ricordo e ora sono in tanti, troppi, a chiedere la sua testa. E mentre il Pd cambia rotta e discute se passare alla linea dura, lo scudo Letta-Napolitano rischia di infrangersi di fronte a un’indagine per falsa testimonianza nei confronti della Guardasigilli.

La sua autodifesa davanti a Camera e Senato aveva convinto (quasi) tutti. Poi, la rivelazione: il Ministro potrebbe aver mentito sia ai Pm che l’avevano ascoltata il 22 agosto sia al Parlamento. I tabulati telefonici di Antonio Ligresti, fratello di don Salvatore e amico intimo della famiglia Cancellieri da oltre trent’anni, hanno permesso di individuare pesanti lacune e omertà nella “ineccepibile” difesa della Guardasigilli. Secondo i documenti pubblicati da Repubblica, sarebbero almeno tre i punti delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro che, se non configurano necessariamente le sue parole come false, rendono la sua testimonianza quantomeno contraddittoria. I tabulati, infatti, smentiscono la versione secondo cui sarebbe stato Antonio Ligresti a telefonarle il 19 agosto: quella chiamata è partita dal cellulare del Ministro dopo che l’amico aveva provato invano a contattarla più e più volte. Niente di illegale, certo, ma perché mentire? Secondo la Guardasigilli, poi, quella sarebbe stata l’ultima telefonata con Ligresti a proposito delle condizioni di salute della nipote incarcerata. A questa, sarebbe seguito solo un sms di “Antonino” il 21 agosto a cui, dice la Ministra, «ho risposto dicendo avevo effettuato le segnalazioni nei termini sopraindicati e nulla più». Anche in questo caso, però, i dati in possesso della Procura torinese offrono una versione leggermente diversa, a meno che con quel (volutamente?) ambiguo «ho risposto», la Cancellieri non si riferisse alla chiamata durata oltre 7 minuti effettuata proprio la sera prima della deposizione davanti al Pm. Una chiamata che, però, la Cancellieri dice di non ricordare. È verosimile che un ministro della Repubblica non ricordi una telefonata piuttosto lunga avuta il giorno prima inerente alla questione per cui è stata convocata in Procura? Se così fosse non sarebbe la sua condotta a pregiudicare il suo ruolo come Ministro ma i suoi problemi mnemonici. Che dire poi delle sei telefonate tra Sebastiano Peluso, suo marito, e Ligresti proprio nel periodo più delicato per la scarcerazione di Giulia Ligresti? Se sono state fatte, come dice la ministra, da un amico a un amico per avere consulenze di tipo medico, perché ometterle?

Aveva chiesto di essere giudicata sui fatti, la Cancellieri, e sui fatti sarà giudicata. Il Procuratore Caselli non si era accontentato della lettera aperta in cui la ministra perorava la sua difesa ribadendo «rifiuto qualunque sospetto sulla correttezza del mio operato e sul rispetto delle regole come cittadina e come Ministro» e ha voluto vederci più chiaro. Si sa, però, che la miglior difesa è l’attacco e da Roma è già partita la controffensiva. Secondo indiscrezioni, al ministero della Giustizia si stanno moltiplicando le considerazioni su presunte irregolarità procedurali («almeno cinque») del pool guidato da Caselli che dovrebbero smontare l’inchiesta della Procura di Torino. La macchina della giustizia, intanto, si è già messa in moto: i magistrati torinesi, che dovevano decidere se convocare di nuovo la Cancellieri o iscriverla sul registro degli indagati, dopo un vertice di alcune ore hanno deciso di passare la patata bollente alla Procura capitolina. Per il momento, è stato aperto «un fascicolo modello K di atti relativi a fatti nei quali non si ravvisano reati allo stato degli atti, ma che possono richiedere approfondimenti», trasferito a Roma per competenza territoriale. Nessuna iscrizione, dunque, ma resta aperta la possibilità che il Ministro della Giustizia possa essere indagato per falsa testimonianza. Ve lo immaginate? E poi dicono che questo Paese non ci fa sognare. Intanto, com’è buona tradizione, ora che la nave della Ministra sta affondando tutti si affrettano ad abbandonarla e, con le mani ancora spellate dagli applausi di due settimane fa, rivendicano con orgoglio il loro sdegno per una situazione così incresciosa. Si è smarcato addirittura Mario Monti, che in aprile l’aveva proposta come Presidente della Repubblica, ventilando la possibilità di votare sì alla mozione di sfiducia in calendario per mercoledì. Il Pd, invece, quella mozione non può proprio votarla perché «l’ha proposta il Movimento 5 stelle» e «noi siamo al governo non possiamo votare con l’opposizione». E’ l’inattaccabile logica del Pd: si, è giusto; sì, siamo d’accordo, no, non possiamo votare perché l’hanno proposto loro. Si tratta di un ragionamento politico sopraffino che ci ha regalato successi come la rielezione di Napolitano. La realtà è che la sfiducia porterebbe a un inevitabile rimpasto di governo potenzialmente fatale per le larghe intese e per la tanto osannata stabilità e in pochi, ora, vogliono assumersi la responsabilità della caduta dell’esecutivo. La tutela del governo (e delle poltrone? dirà qualche malizioso) sembra essere anche il motivo per cui il Nuovo Centrodestra guidato dal baldanzoso Alfano è con la Cancellieri senza se e senza ma.

I candidati alle primarie democratiche, però, tuonano contro la Ministra e chiedono le dimissioni. Ad aprire le danze era stato Renzi a Servizio Pubblico, rischiando la scomunica di Epifani; ieri, il Sindaco di Firenze ha ribadito la sua posizione nel salotto di Fazio, scatenando le ire del sempreverde D’Alema. Ora, però, il vento è cambiato e il Pd si è spaccato (sai che novità) sulla strada da intraprendere. Se, però, a Roma dovessero decidere di aprire un’indagine, tutto il Pd potrebbe spostarsi su posizioni più nette e (forse) anche i più restii chiederebbero con fermezza le dimissioni. Nel frattempo, Civati ha annunciato che per porre fine alle ipocrisie proporrà una mozione di sfiducia targata Pd. Secondo indiscrezioni, però, potrebbe non essere necessario: anche se la Cancellieri ha ribadito che vuole lottare fino alla fine, il Financial Times ha rivelato che potrebbe fare un passo indietro prima di mercoledì. Letta, però, a meno di clamorose novità dalla magistratura, di dimissioni non ne vuole sentir parlare e rinnova la fiducia alla Guardasigilli, in un’escalation che tutto giustifica e tutto sacrifica in nome della Dea Stabilità. Il governo di larghe intese, del resto, sta per affrontare dieci giorni di fuoco e i suoi dei ex machina, Letta e Napolitano, non posso permettersi di vacillare sull’affaire Cancellieri. Mercoledì è in calendario il voto sulla mozione sfiducia del Ministro della Giustizia; la prossima settimana, invece, sarà il turno della decadenza di B, il tutto condito dalle immancabili polemiche sulla legge di stabilità. Blindano lei per blindare l’esecutivo di Letta: se cade la Cancellieri, il terremoto politico potrebbe far cadere il governo. Prepariamoci a tremare.

 di Costanza Giannelli

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