Moisè Curia di Braccialetti Rossi: “Recito per dare voce a chi non ne ha”
I quaderni di scuola sono stati i primi confidenti del suo grande sogno. “Alle elementari ho riempito un intero tema con la frase <<voglio fare l’attore>>” racconta Moisè Curia, 25 anni, una carriera già invidiabile alle spalle ed un viso intenso, dai tratti mediterranei, che ricordano la sensualità inquieta dei soggetti del Caravaggio. Poi, ad esaudire le sue ambizioni, sono arrivati registi come i Fratelli Taviani, coinvolgendolo nel film Maraviglioso Boccaccio (2015, tre nomination ai David di Donatello); ed ancora la fiction evento Braccialetti Rossi su Rai 1, in cui veste i panni del risoluto Ruggero, e il ruolo da protagonista nel film Abbraccialo per me, dove rende con estrema verosimiglianza l’emotività di un ragazzo affetto da disabilità intellettiva. Da Rossano, piccolo paese della Calabria, ai migliori set cinematografici e televisivi, Moisè di strada ne ha fatta molta, ed oggi è tra le stelle promettenti dello spettacolo italiano, elogiato dalla critica ed amato dal pubblico.
Come ci si riesce?
Con grinta ed umiltà. Mi sono trasferito a Roma a 14 anni, la mattina studiavo e la sera lavoravo per mantenermi più autonomo possibile dalla mia famiglia. Ho ottenuto il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia inseguendo un mestiere che è prima di tutto un’esigenza: fin da piccolo ho sentito il bisogno di raccontare storie e credo che l’aspetto più gratificante del nostro mestiere sia quello di potersi prendere carico di messaggi da trasmettere al pubblico. Nel mio caso, mi appassiona l’idea di dar voce a persone che di norma non riescono a farsi sentire.
Una sorta di rivendicazione, insomma. Anche dal punto di vista personale?
Sì. È un bisogno che nasce nella mia infanzia. In famiglia abbiamo vissuto momenti molto delicati. Mio padre è muratore e mia mamma casalinga, ed è capitato anche a noi, come a molti, di vivere nell’incertezza economica. Così ho voluto rendermi parte attiva: se persone come i miei genitori parlassero in pubblico nessuno li ascolterebbe, io invece posso esprimermi attraverso i film, anche per loro. Probabilmente è per questo che faccio l’attore: non vivo l’ossessione di essere riconosciuto per strada.
Il successo però è gratificante. Hai tenuto sempre i piedi per terra?
È arrivato all’improvviso. Da un giorno all’altro mi sono ritrovato sotto casa ragazzi che imbracciavano striscioni enormi e mi dedicavano canzoni. Mi chiedevano autografi e fotografie. Dentro di me realizzare tutto questo non è stato subito semplice, ma col tempo ho capito di dover vivere la popolarità con tranquillità, e soprattutto come un punto di partenza, non di arrivo.
La tua famiglia ha sempre sostenuto le tue ambizioni?
In un primo momento c’è stata qualche perplessità da parte dei miei genitori, non tanto per la strada scelta, quanto per la necessità di dovermi allontanare presto da casa. Ma sono sempre stati al mio fianco. Mio padre mi ha seguito ovunque, dietro le quinte degli spettacoli teatrali e sui set dei film. Ho da sempre un’anima artistica, anche in campo musicale: suono la chitarra, amo il jazz, adoro Michael Jackson…
E i compaesani cosa dicevano dei tuoi sogni?
“Ma dove vuoi andare?” (sorride, ndr). Questo era il leit motiv. Gli scettici all’inizio erano molti ma col tempo la mia terra ha risposto molto bene. Sono molto legato alla Calabria, la vivo un grande senso di appartenenza. Tutto è iniziato da lì, con i primi spettacoli amatoriali e le imitazioni a scuola. E poi in paese è rimasta la mia famiglia: ho una sorella più grande e un fratello più piccolo, siamo molto uniti ed appena posso torno da loro per dedicarmi agli affetti.
E per l’amore c’è tempo? La tua bacheca di Facebook è assediata da commenti di giovani fan.
Non amo parlare della mia vita privata. Mi sento un po’ un cavallo selvaggio, mi piace molto l’idea della libertà, di una vita in viaggio. Non ho una donna ideale, ma so con certezza che mi piacciono le ragazze determinate, molto forti caratterialmente, abbastanza, ad esempio, da non mostrarsi gelose per un bacio cinematografico. Non svelerò, però, se sono single o meno.
Però potrai anticiparci qualcosa della nuova stagione di Braccialetti Rossi…
Abbiamo finito di girare la terza serie. Ci sono molte sorprese, diverse new entry nel cast, tra cui un personaggio molto forte che si chiama Bobo, interpretato da Nicolò Bertonelli. Tra il mio personaggio, Ruggero, e Cris ci sarà un riavvicinamento, e tra loro si instaurerà un legame molto intenso. Ruggero continuerà anche ad aiutare Leo nei suoi momenti difficili.
Ruggero ti somiglia?
Molto. È un ragazzo che indossa una grande maschera ma dentro di sé nasconde un grande dolore. A volte può sembrare cattivo ma non lo è, vuole solo dissimulare le sue sofferenze. Spesso cerca di allontanare tutti perché, probabilmente, pensa che se un giorno dovesse non esserci più, lascerebbe vuoti affettivi. Così, quando ha bisogno di aiuto, non lo chiede mai apertamente, ma sempre indirettamente. Forse in lui c’è anche anche una punta di orgoglio, non vuole che la gente lo additi come “poverino”. Mi riconosco in lui perché anche a me non piace far pesare situazioni difficili sugli altri… Anche io indosso le mie maschere, insomma!
Quando avete iniziato la serie, vi aspettavate tutto questo successo?
In realtà no. La tematica, quella del disagio dei ragazzi in ospedale, è poco battuta in tv e molto delicata, ed il cast della serie è composto prevalentemente da giovani attori, poco conosciuti al grande pubblico. Oggi siamo davvero orgogliosi dei risultati raggiunti. Dietro le quinte ormai siamo una grande famiglia, ci sosteniamo e ci divertiamo. Io, in particolare, sono molto legato a Pio Luigi Piscicelli (Tony nella serie, ndr): è un caro amico e con lui passo i momenti di pausa sul set.
E tu ti aspettavi il tuo successo?
Devo ringraziare i grandi maestri che mi hanno accompagnato in questo percorso. Mi piacerebbe che il cinema italiano mostrasse maggiore apertura verso il talento e i sogni degli esordienti. Io, i miei, li coltivo da sempre: io e la recitazione siamo nati insieme.
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