Djokovic spezza il sortilegio parigino
Novak Djokovic rimonta Murray nella finale, conquista per la prima volta il Roland Garros e completa la sequenza di quattro mayor consecutivi. Da Wimbledon partirà la sua corsa solitaria verso il Grand Slam. Finale brutta e priva di pathos. Serena Williams ancora battuta, il titolo femminile va a Garbine Muguruza.
Il solo villaggio di Lutezia resisteva all’egemonia del padrone: anche nei suoi momenti migliori, il numero 1 aveva sempre trovato qualcuno capace di sorprenderlo a un passo dal titolo. Nel 2011 era arrivato senza sconfitte stagionali ma Federer aveva sfoderato una prestazione eccezionale, lo scorso anno Wawrinka giocò contro di lui la partita della vita. Nelle altre circostanze gli si era opposto Nadal, autentico mattatore del feudo francese.
Stavolta nulla ha fermato Novak Djokovic, neanche la pioggia che lo ha costretto a notevole stress: a perdere contro Bautista Agut, in ottavi, un primo set svoltosi in una sorta di pantano. Ha tenuto duro, recuperato il suo tennis, disposto agevolmente dell’innocuo Berdych e del tenero Thiem. Infine si è presentato fiducioso in finale. Qui ha oggi trovato Andy Murray, primo finalista britannico dall’anteguerra che, partito a dir poco piano nel torneo, aveva trovato via via sicurezza e colpi, sino a sconfiggere in semifinale il detentore del trofeo Wawrinka. Lo scozzese aveva battuto un esausto Nole nella recente finale di Roma, ma il serbo sapeva bene come molto più imprevedibile sarebbe stato avere Stan dall’altra parte della rete.
Il primo game vede Novak Djokovic subito propositivo: lo vince a zero in risposta, ma lì si blocca. Murray prende a manovrare da fondo mentre il serbo fallisce dritti a ripetizione e viene costantemente messo sotto pressione sulla seconda. Nell’avvio della seconda frazione Andy si procura una palla break. Nole l’annulla con il servizio, approfitta di un game sciagurato dell’avversario in battuta, vola 2 a 0 e inizia a sciogliersi. Nulla di eccezionale, ma i suoi colpi dal fondo riprendono profondità mentre è Murray ad andare in confusione. Novak Djokovic si aggiudica il set 6-1 e sull’1 a 1 del terzo, lo scozzese regala l’ennesimo break affossando in rete una facile volée di dritto. La partita non ha più storia, Nole chiude il parziale 6-2 e in un soffio giunge 5 a 2 e servizio nel quarto, a un passo dall’unico alloro che gli è sempre sfuggito.
Come un ciclista agli ultimi metri prima del successo in una tappa di montagna il serbo inizia già a esultare, ad arringare la folla. Nel game seguente però accusa l’emozione del momento: Murray risale 4-5. Altri due gratuiti sui primi due match point, gioco ai vantaggi ma è alla fine Andy a sbagliare il rovescio e a consegnare la vittoria storica a Nole. Alla maniera di Kuerten, Novak Djokovic disegna un cuore sulla terra del centrale e ci si mette dentro, poi riceve l’agognato trofeo dalle mani di Adriano Panatta.
È stata una finale brutta, piena di errori e con poche emozioni. Eravamo preparati alla scarsa varietà, ma ci aspettavamo maggiore agonismo. Il problema è che quando in uno sport il numero 1 ha lo stesso gioco del numero 2 ma esegue tutto meglio di lui, è difficile attendersi sorprese. Questo non toglie nulla ai meriti di Novak Djokovic, del quale aggiorniamo i dati: dodicesimo Slam, ottavo della storia capace di vincere in carriera tutti i mayor. Courier nel 1992 fu l’ultimo giocatore presentatosi a Wimbledon con in tasca gli allori di Melbourne e Parigi, ma sui quei prati non aveva chances. Djokovic invece sarà il super-favorito anche a Church Road e con ogni probabilità si presenterà a Flushing Meadows per completare il quarto Grand Slam nella storia del tennis maschile.
Après moi le déluge! Federer avrebbe potuto dire questo se fosse stato un monarca francese dell’ancien régime. In effetti è andata così, il primo Slam del secolo senza Roger è stato caratterizzato da piogge ripetute e cattivo tennis, eccetto per qualche tratto di Thiem-Goffin e di Murray-Wawrinka. Se questa è una prova generale di come sarà il circuito dopo il suo ritiro c’è da preoccuparsi, ma ATP e ITF sembrano non voler intervenire, evidentemente soddisfatte dell’uniformità di stili e di superfici.
Garbine Muguruza ha vinto il torneo femminile battendo 7-5 6-4 in finale Serena Williams. La 22enne basca ma nativa di Caracas ha vendicato la finale dello scorso anno a Wimbledon aggiudicandosi il primo Slam della carriera. Il 2015 era stata la stagione dell’esplosione, nei primi mesi di quest’anno c’era stata qualche battuta d’arresto di troppo ma già da Roma si era vista in ripresa. Per pesantezza ed efficacia dei colpi dal fondo, età e personalità, Muguruza sembra destinata a vincere ancora molto. Il suo mayor pare essere assai meno frutto del caso rispetto a Kerber in Australia. Le avversarie arrancano, fra problemi anagrafici, fisici, caratteriali e giudiziari. Serena ci riproverà a Wimbledon, ma per lei sono 35 anni come per Federer e, sebbene la concorrenza che trova è assai meno agguerrita rispetto a quella dello svizzero, qualcuna sulla sua strada sembra ormai arrivare sempre a sbarrarle il passo.