Costa Concordia, confermata la condanna di 16 anni a Schettino
Ieri, dopo una camera di consiglio durata oltre otto ore, i giudici della prima sezione penale della Corte di appello fiorentina hanno confermato la condanna stabilita nel processo di primo grado a Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia naufragata la notte del 13 gennaio 2012 all’isola del Giglio. Il bilancio della tragedia fu di 32 morti, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, e molti feriti. Secondo la sentenza datata 11 febbraio 2015 del tribunale di Grosseto, l’uomo era già stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio colposo, lesioni colpose, abbandono di incapaci e minori e naufragio colposo.
La Corte fiorentina ha anche preteso l’interdizione dai titoli professionali marittimi per cinque anni in relazione al delitto di naufragio colposo, e lo ha condannato al pagamento delle ulteriori spese processuali. Sono state rideterminate anche le somme a titolo di risarcimento danni per i naufraghi aumentandole di 15mila euro circa a persona. Al Comune del Giglio è stata confermata una provvisionale da 300.000 euro per il danno subito. In aula non erano presenti le telecamere così come la Corte stessa aveva stabilito, e non era presente neanche l’imputato il quale ha deciso di attendere l’esito della sentenza nella sua casa di Meta di Sorrento per mantenere un basso profilo e per evitare la pressione mediatica (atteggiamento in antitesi con quello avuto nel processo di Grosseto durante il quale era sempre stato presente tranne che alla lettura della sentenza).
Il difensore di Schettino, l’avvocato Donato Laino, ha così commentato la sentenza: “Dobbiamo capire perché i giudici di secondo grado sono arrivati a questo ragionamento, dobbiamo leggere le motivazioni, è chiaro che la sentenza non è andata incontro alle nostre argomentazioni”. Non ci sono stati commenti sulla sentenza da parte dell’accusa. Nessuno ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, tranne i pm di Grosseto, Alessandro Leopizzi e Maria Navarro, i quali si sono limitati a dire ai giornalisti che li interrogavano, di guardare la soddisfazione che avevano dipinta sul viso.
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