Andrea Pazienza, 60 anni dalla nascita del genio
Uno sguardo duro e cinico sulle cose così come sono, senza che l’occhio interiore le trasformi in altro, mediante una ricostruzione mentale plasmata dalle emozioni, in ciò che non sono. Con Andrea Pazienza leggiamo la realtà per quella che è, non per come appare.
Nato a San Benedetto Del Tronto nel 1956, Andrea Pazienza avrebbe compiuto sessant’anni il 23 maggio. Dalle nostre vite non manca da uno, due o dieci anni, ma da molto più tempo. “Morirò il 6 gennaio 1984”, scriveva nella sua autobiografia, e si sbagliò soltanto di pochi anni, quando in quella fatidica notte del 16 giugno 1988, in quella città di Montepulciano, Thanatos giunse rumorosamente. Ma prima della morte, c’è stata la vita, una vita vissuta intensamente nella sua pur brevità. Cresciuto per i primi dodici anni a San Severo, si trasferì a Pescara, un posto che potremmo definirlo la “Betlemme” di Paz: luogo della nascita del Genio. E’ proprio lì e in quegli anni che prendono forma i suoi primi fumetti e la sua arte comincia a definirsi e a esibirsi. Ma la svolta decisiva avviene nel 1974 quando si trasferisce a Bologna per iscriversi al Dams. La Bologna degli anni Settanta è una città giovane, ribelle, alternativa e popolata da una fauna variegata attenta alle tematiche sociali, che diffonde la cultura underground attraversando il movimento studentesco, filtrando le voci della cultura e della controcultura: mentre le novelle radio libere trasmettono artisti internazionali. Ma la Bologna del ’77 è anche altro. E’ un teatro di scontri violenti. E’ la morte di Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua, ucciso con un colpo di pistola alle spalle. E’ sinistra extraparlamentare, è Autonomia Operaia. E’ liberazione dall’oppressione sessista maschile, è movimento femminista. E’ lotta per la liberazione omosessuale. E’ costante impegno per garantire i diritti civili e umani in uno dei mondi possibili in cui realizzare il pacifismo. E’ la Bologna di Freak Antoni, di Francesco Guccini, di Lucio Dalla, dei Gaznevada, dell’immenso e indimenticabile Pier Vittorio Tondelli. Ma cosa rappresenta per Andrea Pazienza la città emiliana che lo ha adottato? Prima di tutto l’esordio nel ’77 sulle pagine della rivista Alter Alter con “Le straordinarie avventure di Pentothal”: una sorta di diario onirico (il fumetto infatti comincia con il protagonista addormentato) in cui il giovane Pazienza/Pentothal racconta le vicende di uno studente modello del Dams, proveniente dal sud e giunto in quella città nel pieno delle manifestazioni e lotte studentesche. Sono gli anni di piombo, e prima che la sua ultima tavola del mese di aprile vada in stampa, corre in redazione per modificarla inserendo la morte di Francesco Lorusso: “Tagliato fuori, sono completamente tagliato fuori”, pensa il protagonista mentre Radio Alice lancia l’appello ai compagni di non disperdersi; l’ammissione di sentirsi “tagliato fuori”, corrisponde al senso di estraneità rispetto alla componente politica della protesta. “Mentre lavoravo a queste tavole, nel mese di febbraio ’77, ero convinto di disegnare uno sprazzo, sbagliando clamorosamente perché era invece un inizio. […] sono cambiate tante cose nel frattempo e tante altre cambieranno […] disegnare fumetti non è come scrivere per un quotidiano”, è il pensiero di Andrea Pazienza sulla situazione che sta vivendo: le tematiche del suo fumetto cambiano al variare della storia di Bologna e della sua situazione personale.
“Quando disegno dei nasoni grandi, a pera, voglio avvertire la gente che si tratta di una storia soft, quando invece comincio a fare i nasi a becco allora si tratta di storie dure”: siamo nel 1981, è la nascita di Zanardi sulla rivista Frigidaire; il personaggio supera l’autore, come affermava lo stesso Paz e si rispecchiava nella sue storie come chi “non ha mai realmente creduto in niente, se non nella propria disperazione”. Zanardi è lo spaccato di una società che vive nella violenza, nella malvagità gratuita, fatto di droga, sesso, violenza e voglia di vivere una vita all’estremo (portato anche nel film Paz! di Renato de Maria dedicato ai personaggi di Andrea Pazienza; Zanardi era interpretato dall’attore Flavio Pistilli). Bologna per Pazienza è la Traumfabrik di via Clavature 20, luogo di raduno degli artisti in cui disegna compulsivamente; è il suo appartamento in via Emilia Ponente 223; è la sala biliardo del bar Cirenaica dove si ritrova con i suoi coinquilini pugliesi. E’ anche la città de Le Due Torri, il luogo in cui, in quel fatidico ’77 Andrea Pazienza fece il primo incontro con l’eroina, un tunnel in cui finì, come ricorda Sandro Raffini, ex cantante dei Gaznevada, quando quella sostanza cominciò a “scorrere a fiumi, disponibile come non era mai stata fino ad allora”.
Pazienza è anche amore, tenerezza e senso di abbandono quando la sua ex ragazza Betta si lega al suo migliore amico, come racconta alle telecamere di Red Ronnie nel 1984 durante il Lucca Comics. Ma nel 1984 Pazienza non vive più a Bologna già da un pezzo, si è trasferito a Montepulciano. A Montepulciano realizza il romanzo grafico Pompeo che tanto dice di lui: Pompeo è Pazienza senza alcun dubbio. E’ presente il suo narcisismo, il ricordo dell’amore perduto, l’ossessiva ricerca di eroina, la visione di un futuro infranto e speranze svanite, il corpo in agonia nel suo disfacimento fisico e l’importanza della cultura. Pompeo non è soltanto la sua ultima graphic novel: è il suo testamento, nella struggente amarezza del non essere in grado di vivere, e forse dietro quella postilla finale in cui scrive “non più depresso”, si nasconde la consapevolezza della fine, che appare serena. Nella notte del 16 giugno 1988, una dose fatale di eroina, porta il giovane fumettista alla morte. Sepolto a San Severo, come aveva raccomandato al padre, da un po’ di terra e un albero sopra, giace nell’immortalità e nell’eternità del suo genio, lasciandoci parte del patrimonio storico e artistico di quella Bologna violenta, violenta come la fine dell’artista.
E condividiamo sì, la sua memoria attraverso le parole di un altro attento osservatore dell’animo umano, un maestro sensibile e una penna ineguagliabile, quella di Pier Vittorio Tondelli: “Andrea Pazienza è riuscito a rappresentare, in vita, e ora anche in morte, il destino, le astrazioni, la follia, la genialità, la miseria, la disperazione di una generazione che solo sbrigativamente, solo sommariamente chiameremo quella del ’77”.
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