Ilva, l’Italia è formalmente sotto processo a Strasburgo
Lo Stato italiano è stato accusato dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. Dunque si troverebbe, anche se formalmente, sotto processo. Nel ricorso, presentato da 182 cittadini di Taranto e dei comuni vicini, lo Stato è stato accusato di non aver provveduto alla realizzazione di un quadro normativo atto ad evitare i terribili effetti dell’inquinamento del noto complesso industriale, e di aver anche violato il diritto al rispetto della vita degli individui interessati, soprattutto in relazione al susseguirsi dei diversi decreti “salva-Ilva” degli ultimi anni.
Nel suddetto ricorso possiamo leggere infatti che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo”. E inoltre si evincerebbe anche che, in seguito a questo comportamento da parte del nostro Stato, comportamento che ha chiaramente “violato il diritto alla vita”, i cittadini danneggiati non hanno neanche potuto beneficiare di un riconoscimento delle violazioni subite. Lo scorso anno i giudici della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo avevano dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che dichiarava di essersi ammalata in seguito alle emissioni dell’Ilva. Il fatto che attualmente Strasburgo abbia comunicato i ricorsi al Governo significherebbe, dunque, che ci sono delle prove di una certa rilevanza. Intanto è appena ricominciato, dopo una lunga pausa, il processo per il disastro ambientale dell’Ilva al Palazzo di giustizia di Taranto.
Resta il fatto che, in base ai dati dello “studio Sentieri” su inquinamento e malattie nell’area di Taranto, ad opera dell’Istituto superiore di sanità e dell’Asl locale, i tumori ed i ricoveri di pazienti affetti da malattie respiratorie acute, soprattutto minori, siano aumentati. Fortunatamente, in base a questo studio, gli alimenti di origine animale e vegetale prodotti nella zona a rischio risulterebbero sicuri.
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