Comunali di Roma: la corsa dei candidati fantoccio
Nonostante la corsa a sindaco di Roma sembri una prerogativa di quattro contendenti, le schede elettorali saranno zeppe delle liste di quelli che potremmo definire i candidati fantoccio. Da sempre le elezioni comunali, soprattutto in grandi città come Roma, sono state caratterizzate dalle miriadi di liste civiche e partitini pronti a piazzare un proprio nome in consiglio comunale ma questa tornata elettorale sarà ricordata per l’assurdo eccesso di candidati fantoccio. Sono finiti i tempi del bipolarismo, in cui la selva oscura delle liste civiche e dei partiti minori si riuniva a sostegno dell’unico candidato dei partiti maggiori: c’era il candidato del centro sinistra e c’era il candidato del centro destra, poi ci potevano essere un paio di intrepidi sconsiderati che andavano a battagliare per due o tre seggi vacanti. La politica nazionale ha insegnato che questo scenario è ormai superato; l’irruzione sulla scena del Movimento 5 Stelle ha mischiato non poco le carte in tavola, producendo una certa insicurezza nei flussi elettorali. Se si aggiunge a questa “insicurezza politica” l’enorme instabilità della realtà romana, si capiscono facilmente i motivi che ci hanno portato ad avere quindici (forse) candidati sindaco di Roma.
Le elezioni amministrative della capitale non sono mai state delle pure e semplici comunali ma hanno sempre e giustamente avuto un peso politico importante in quanto il sindaco di Roma è, di fatto, una figura istituzionale nazionale oltre che locale. Forse anche per questo è stato considerato, ora più che mai, un palcoscenico adatto ad amplificare voci che resterebbero poco ascoltate. Per questo negli ultimi mesi abbiamo sentito chiunque candidarsi a sindaco di Roma: alcuni ce l’hanno fatta, altri (e lo diciamo con assoluto rammarico) si sono arresi. Un esempio su tutti, quello del forzista Antonio Razzi che annunciò la sua candidatura con l’ormai celeberrima frase “Ma che so’ più fesso degli altri io?!”. Ecco, il povero Antonio che doveva risollevare l’orgoglio dei tanti abruzzesi di Roma, ha dovuto abdicare in nome dell’obbedienza di partito.
Non prima di aver dato delle buone idee al futuro sindaco, suggerendo la formazione di un esercito di gatti per combattere i topi tiberini. Il sostegno del grande elettorato abruzzese sarebbe dovuto confluire verso il candidato sindaco di Roma appoggiato da Forza Italia: Guido Bertolaso. Ma, fatalità, pure Bertolaso si è ritirato! O è stato ritirato, o è stato fatto ritirare: decidete voi. Dopo un agguerrito inizio di campagna elettorale, con tanto di cartelloni e manifesti in giro per Roma, tour nelle periferie (non sapeva manco lui bene quali fossero ma c’era), interviste e proposte shock, il buon Guido ha dovuto cedere in favore della causa di partito. Non si voleva arrendere fino alla fine, ce l’ha messa tutta pur di non darla vinta alla Meloni e a Salvini.
Prima è riuscito a convincere Berlusconi a spaccare un’alleanza appena nata e dalle grandi aspettative, poi è riuscito nell’impresa di screditarsi ancora più di quanto non fosse all’inizio con proposte assurde e gaffe una dietro l’altra. Alla fine è stato silurato: rimpiangiamo solo tutti i soldi spesi e la carta sprecata per i manifesti. Un’altra grande assenza nella corsa a sindaco sarà quella di un altro dei candidati fantoccio ritirato in corsa: Francesco Storace. Era stato uno dei primi a proporsi come nuovo sindaco di Roma, l’ex presidente della Regione Lazio, ed ora, dopo aver raggiunto un “accordo sul programma”, ha deciso di appoggiare Alfio Marchini. Insomma è tornato pure lui tra i ranghi all’ultimo minuto.
Nonostante la delusione di non vedere tali personalità in corsa per la poltrona di sindaco, sono tanti altri i candidati fantoccio che dovremo seguire con attenzione. Cosa dire infatti di Mario Adinolfi? Ex piddino, giocatore di poker, scrittore, con un certo astio verso quella parte della costituzione che dà pari diritti a prescindere da sesso e credo religioso, paladino dei movimenti per la vita, juventino. Trovare il suo programma elettorale è piuttosto complicato. Sembra che sia stato pubblicato solo sulla sua pagina Facebook e su quella del suo nuovo partito: PdF (Popolo della Famiglia), senza il punto davanti per non confonderlo con il formato elettronico. Un programma in 7 punti in cui il buon Mario è riuscito a parlare di qualsiasi cosa, tranne che dei problemi della città.
Equipara il sindaco e tutti i candidati a figure paterne (e materne, non sia mai!) che dovranno prendersi cura della città e della comunità come di un figlio. Questa cosa di avere tanti padri o tante madri ha forse un po’ disorientato l’elettorato ma pare che risolverà tutti i grandi problemi di Roma e quindi se la sono fatta andare bene. Secondo il PdF, infatti, l’attenzione genitoriale che i candidati rivolgeranno alla città risolverà problemi come la prostituzione, il racket, il debito della città e contribuirà a chiudere “i luoghi dove scorrono fiumi di droga finalizzati alla perdita della coscienza di sé e all’incontro sessuale tra sconosciuti”. Ovviamente c’è grande attenzione alla famiglia nel programma di Adinolfi. È previsto un assegno di natalità comunale di 2.500 euro per ogni nascituro, che raddoppierà qualora il bambino dovesse essere affetto da malattie. Immaginiamo che i fondi verranno trovati una volta estinto il debito pubblico a suon di riduzione della paghetta e con un clamoroso giro di vite ai regali di Natale. Anche la sicurezza sta molto a cuore al PdF e torna nel suo programma come in quello degli altri candidati. Ognuno, di solito, ha il proprio nemico giurato, c’è chi vede nei campi Rom il maggior problema, chi lo vede nelle ingerenze mafiose, c’è chi lo trova nella micro criminalità o nello spaccio. Marione, il nemico lo vede nell’offensiva Gender, pericolosa perché attacca i bambini! “A scuola occorrerà fronteggiare l’offensiva della colonizzazione ideologica del gender, una cultura pericolosa che è un errore della mente umana e dovrà essere contrastata visto che l’obiettivo delle associazioni Lgbt è esporre i più piccoli a questa offensiva” è quanto si legge nel suo programma.
Ma l’ultra-cattolicesimo non ha come unico rappresentante Mario Adinolfi, c’è anche Fabrizio Verducchi, presidente e candidato sindaco per Italia Cristiana. Qui è meglio gettare la spugna: programmi per le comunali non ce ne sono, è tutto uno sproloquio sull’abolizione della 194 e sulla protezione della famiglia: cosa c’entri il comune di Roma con tutto questo resta un mistero. Altro caso di doppia candidatura per la stessa area politica è quello dell’estrema destra. No, non la Meloni! Più estrema, come quella di Casa Pound e Forza Nuova. Entrambe le forze neo-fasciste hanno presentato il proprio candidato sindaco: Di Stefano per i terzomillenisti, Iorio per gli altri. Anche qui i programmi sono piuttosto aleatori, sono fatti di post su Facebook, tweet più o meno comprensibili e slogan nel più classico stile della demagogia neo-fascista. Di Stefano, in particolare, si è dato parecchio da fare in questi mesi, risponde assiduamente sulla sua pagina Facebook a chi fa domande sul programma.
Domenica ad Atene invitato al congresso di Alba Dorata, ho conosciuto il loro leader Nikos Michaloliakos. Patrioti. pic.twitter.com/aNbkSc10ST
— Simone Di Stefano (@distefanoTW) 29 marzo 2016
Si diverte a fare spot elettorali in cui fa il capo popolo, o capo squadrista. Ruolo che è riuscito particolarmente bene al fratello Davide in occasione dell’ultima Romics (la fiera del fumetto di Roma) dove ha dimostrato tutto l’ardore e il coraggio tipici dell’uomo italico andando a distruggere le copie di “Quando c’era Lui”, opera ritenuta da Casa Pound offensiva nei riguardi del Duce Benito Mussolini. Però loro non si dichiarano fascisti, attenzione! Alle scorse elezioni le due formazioni “liberamente ispirate ai principi del Partito nazionale fascista” non arrivarono all’1% sommando i rispettivi risultati, anche allora Di Stefano era candidato per CPI ottenendo un rispettosissimo e nazionalissimo 0,60%: riusciranno i due candidati fantoccio della destra xenofoba ad arrivare a sedersi da qualche parte?
https://www.youtube.com/watch?v=RiPZXAbW1HY
Dall’altra parte del Tevere e delle sponde politiche la situazione non è incoraggiante. Anche a sinistra si naviga a vista tra candidature in bilico e partiti che puntano a far votare almeno amici e parenti. Il caso di Stefano Fassina, ex vice ministro e fondatore del gruppo Sinistra Italiana, candidato sindaco appoggiato anche da SEL, è l’ultimo scivolone di queste elezioni: liste rifiutate dagli uffici comunali e candidatura saltata nell’ultimo giorno disponibile. Oltre alla figuraccia fatta c’è anche la beffa di Giachetti che ora apre all’elettorato di sinistra. Dovrà però fare i conti con l’altro candidato “rosso”: Alessandro Mustillo del Partito Comunista.
Eh già, sono tornati. Però bisogna dire che si sono sicuramente svecchiati. Vicino ai movimenti per il diritto alla casa, Mustillo è sicuramente un candidato giovane, forse troppo giovane (26 anni) per essere credibile a guida di una città come Roma. La lista del PC, però, è composta per il 50% da candidati under 35 e chi sa che qualche “pischello” non riesca ad entrare in consiglio comunale.
Non preoccupatevi perché l’elenco potrebbe continuare per ore ma preferiamo non tediarvi troppo. Potremmo parlare dei “grilli parlanti” di Dario Di Francesco oppure di Enrico Fiorentini candidato per il Movimento Politico Libertas. Come non citare infine gli altri candidati fantoccio, come la lista civica di Carlo Priolo, silurata anch’essa alla conta delle firme, o quelle di Carlo Rienzi del Codacons e Michel Emi Maritato di Assotutela.
Le sorti della capitale, a meno di altri imprevedibili ribaltamenti, saranno affidate sicuramente a uno tra Raggi, Giachetti, Meloni o Marchini ma riusciranno i candidati fantoccio ad avere un peso nel prossimo consiglio comunale?
Twitter: @g_gezzi
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