Francia: la Nuit Debout dal Jobs Act alla Rivoluzione
Ancora una volta, la Francia. La Nuit Debout, il movimento che da più di un mese (era il 31 di marzo) tiene in “ostaggio” Place de La République contro la Loi Travail, si prepara, consapevole o meno, a diventare archetipo non solo della contestazione ma, qualcuno lo dice, della Rivoluzione. Sarebbe un riscatto niente male per il popolo francese, aver animato un processo in grado di infiammare di nuovo l’Europa nel nome di liberté, egalité, fraternité. Ma cosa sarà della protesta francese è tutto da scoprire, e per molti versi da immaginare.
Le ragioni della protesta, a questo punto, sono accessorie. Miccia esplosiva è stata la riforma del lavoro voluta dal presidente Hollande e dal Premier Valls: la Loi Travail. Presentata dal ministro El-Khomri, la legge non è che una versione francese del Jobs Act italiano, e proprio con jobs act è stata tradotta in inglese dai commentatori francesi, che prevede sinteticamente la facilitazione dei licenziamenti, la precarizzazione dei contratti di lavoro, l’aumento delle ore della giornata lavorativa e la diminuzione della retribuzione. Il 31 Marzo, in occasione della mobilitazione generale contro la legge, diversi manifestanti, riuniti in piazza a margine della manifestazione per la proiezione del film Merci patron! (“Grazie padrone!”) hanno accolto l’invitodel collettivo, forse nato per caso, a non tornare a casa. Da allora, fino ad ora, la Nuit Debout, le notti in piedi che hanno segnato il culmine, ancora vivo, della protesta, e insieme l’inizio di una lotta ben più grande.
L’occasione dunque è la loi travail, ma le ragioni a monte sono ben più profonde e radica(te)li: disoccupazione, crisi sociale, individualizzazione, spersonalizzazione, pauperizzazione materiale, intellettuale, morale; in una parola crisi permanente della società capitalistica.
Da qui in poi la Nuit Debout smette di essere contestazione estemporanea e si fa laboratorio di rivolta. Un tema caro agli universitari ubriacati da Camus, la goccia che fa traboccare il vaso e che scatena una reazione contro il sistema intero.
Se fino ad ora abbiamo sopportato tutto, ora non vogliamo sopportare più niente. La contestazione della legge si fa contestazione del sistema e apre e risponde a tutta una serie di problematiche insite nelle contraddizioni della società.
La lotta si riversa su tutti i piani, a partire da quello simbolico. La Nuit Debout, come le sue sorelle spagnole, greche e americane, sceglie di occupare piazza della Repubblica. Ci andrebbero a nozze tutti i sociologi contemporanei, dal francese Bourdieu a Bauman e Castoriadis: nel momento di maggiore privatizzazione del sociale e di invasione del privato a opera del discorso pubblico, la rivolta si impone nella Piazza, riconsegnandola alla sua originaria missione di Agorà, e lì realizza quella relazione proficua tra pubblico e privato tanto cara ad Habermas, che la interpreta come LA sede di elaborazione del discorso pubblico (e quindi di costruzione del politico in senso nobile). La presa della piazza oggi – che sottrae uno spazio e un tempo determinati alle logiche capitalistiche del transito, della produzione e del consumo, per catapultarle d’impeto in quelle democratiche dell’emancipazione dalle necessità quotidiane, del confronto, dell’ascolto, e della progettazione – equivale alla presa della Bastiglia ieri, risolve le contraddizioni sociologiche novecentesche, e da una risposta efficace a chi le aveva evidenziate: alla privatizzazione totale risponde con l’occupazione democratica del luogo simbolo del pubblico.
Place de la République e la Nuit Debout si accorgono e insorgono, si fanno carico del problema per intero. Si rendono conto che la messa in questione di un aspetto (in questo caso la Loi Travail) nel momento in cui si fa rivolta non può prescindere dalla messa in questione del sistema in quanto tale. Frédéric Lordon – filosofo ed economista francese -, intervistato da Marta Fana per il Manifesto, è quanto mai esaustivo su questo punto:
‹‹È quindi urgente mettere in discussione il quadro generale! Il che vuol dire passare dalla rivendicazione all’affermazione di un quadro generale che vogliamo ridisegnare. Ecco allora come noi articoliamo rivendicazione e affermazione: noi diciamo “no alla legge e al mondo El Khomri”. Noi rivendichiamo contro la legge ma affermiamo che ambiamo a un altro mondo rispetto a quello che ripropone costantemente leggi come quella››.
Perciò la Nuit Debout si autoproclama Global Debout: non è questione di fasce sociali di riferimento (i precari o i giovani) ma di tutti i lavoratori, non è questione di identità nazionali (i francesi) ma di soggettività internazionali. In Francia come in Piazza Syntagma, come in Puerta do Sol: ci si solleva a causa di un motivo, ma si lotta per l’umanità; poiché le contraddizioni a monte sono le stesse e sono le condizioni di ingiustizia e disumanità generate dal sistema di produzione neoliberista.
Nuit Debout si rende conto di poter rispondere, di dover rispondere. Ma deve capire come; come trasformarsi da rivolta, dunque eccezione, a rivoluzione, dunque sovvertimento e cambiamento.
Ha risposto, temporaneamente e in maniera isolata, alle contraddizioni secondo-novecentesche, ma come risponderà a quelle del nuovo millennio?
Approfondimenti:
Breve sintesi della protesta
Intervista Lordon di Marta Fana
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