La piaga sociale degli stupri in India
Si conferma Nuova Dehli la capitale mondiale degli stupri. Ancora nella memoria l’episodio della studentessa ventitreenne, vittima di una brutale violenza di gruppo su un autobus che l’ha violata, uccisa. L’india è indignata. Si denuncia di più e si manifesta per i diritti delle donne, ma i dati parlano ancora di un massacro senza fine.
Uno stupro ogni 18 ore. 1.330 dall’inizio del 2013 e se si allarga il conteggio delle vittime anche a coloro che hanno subìto molestie e aggressioni sessuali il numero sale a 2.844. Questi sono i dati resi pubblici dalla Corte Suprema Indiana. Dati che rispecchiano una condizione di diritto e sicurezza ancora drammatica per le donne del Paese.
Dopo gli episodi del 16 dicembre, la rabbia e le coscienze del popolo indiano sono scese in piazza, nella capitale, affinché la morte della studentessa non sia stata vana. Ma le manifestazioni non bastano da sole e non bastano neanche a ridare a Pavitra Bhardwaj la voglia di vivere.
Lei, che aveva provato a denunciare alla Polizia, al nucleo Crimini contro le donne e persino all’Ufficio del capo di governo Sheila Dikshit, lo stupro di gruppo subito tre anni prima sul posto di lavoro, non ha trovato altro rimedio che darsi fuoco davanti la sede governativa di New Delhi. Accadeva solo pochi giorni fa. Addirittura è stata licenziata dal ruolo di assistente universitaria in chimica, quando ha comunicato ai suoi aguzzini e colleghi la volontà di denunciarli. Non c’è stata giustizia per lei. Solo una nazione che l’ha guardata bruciare mentre gridava al mondo che nessuno aveva voluto ascoltare il suo dolore.
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Una condizione sociale ancora precaria quella delle donne indiane. Denunciare serve a poco se nelle viscere della cultura si insinua ancora l’odioso pregiudizio che vede il loro abuso una normalità, azzarderemmo dire un diritto. Mentre stanno finalmente arrivando i primi segnali di cambiamento che prevedono l’allargamento dei ruoli nella società attiva spettanti alle donne e misure giuridiche più dure per i colpevoli di crimini violenti, ci chiediamo quante sono ancora quelle di cui non si parla, nascoste nella periferia di quella cultura misogina che non dà spazio alla ribellione. L’indignazione pubblica può fare la sua parte affinché non ci siano altre Pavitra ridotte a farsi giustizia da sole, sulla propria pelle.
Fonte: Agi, kafilia.org
di Maria Chiara Pierbattista