NoBorder a Roma
Il Primo Maggio, oltre ad essere la festa dei lavoratori, è una data che da sempre è percepita come internazionale ed è proprio a questo concetto che era ispirato il corteo NoBorder a Roma. Attivisti dei centri sociali delle Marche, del Veneto, del Trentino e della Campania si sono ritrovati nel centro della capitale con l’intento di assediare l’ambasciata turca e lanciare un chiaro messaggio al presidente Erdogan. Il corteo, come spesso viene ribadito dalle casse del furgone in testa alla manifestazione, è la terza tappa di un percorso che parte da Idomeni, il campo profughi al confine tra Macedonia e Grecia dove migliaia di migranti vivono un limbo eterno in attesa di essere respinti e inviati in Turchia. Proprio qui era arrivata una carovana di trecento persone, per la maggior parte attivisti dei centri sociali italiani, con lo scopo di portare aiuto, sostegno e sollievo alle migliaia di donne e uomini stipati in uno spazio ristretto, trattati come bestie e rinchiusi dal filo spinato dentro tendopoli improvvisate. Ma è stato un viaggio prezioso anche per documentare ciò che davvero sta accadendo ai confini di quest’Europa che ci ostiniamo a vedere e definire democratica, quell’Europa che non batte ciglio davanti a indecenze inumane come quelle che si vivono in Grecia, a Lampedusa o al Brennero, dove l’Austria vorrebbe erigere un altro muro. E proprio il Brennero è stato la seconda tappa del cammino dei NoBorder che hanno voluto simbolicamente forzare quel confine, per ribadire che l’Europa è e deve rimanere libera e aperta nei suoi confini esterni e , soprattutto, in quelli interni che ormai dovrebbero essere poco più che un dato anacronistico.
Questi sono i contenuti che hanno animato il corteo dei NoBorder a Roma. L’idea, forse il sogno di un’Europa accogliente e libera dalla xenofobia e dall’insensata paura del diverso che alimenta i peggiori istinti nazionalisti. Questo è un concetto che , secondo gli organizzatori del corteo, è in netto contrasto con gli accordi UE-Turchia sulla gestione dei migranti. Il trattato prevede sostanzialmente dei finanziamenti della UE al governo turco per gestire il flusso di migranti che passa dalla Turchia, in cambio di un controllo più duro alla frontiera e della gestione dei migranti respinti dall’Europa. Sostanzialmente stiamo dando in mano ad Erdogan circa 6 miliardi di Euro per finanziare “la gestione dei migranti” provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan, dal Pakistan o dal Kurdistan (per citarne alcuni) e per permetterci di respingere i migranti in arrivo. Stiamo dando 6 miliardi in mano al governo che ha finanziato o addirittura sostenuto l’ISIS nella guerra contro i curdi in Siria; che ha represso, spesso nel sangue (proprio questo primo maggio c’è stato un morto in una manifestazione in turchia) ogni forma di dissenso; il governo che ogni giorno respinge profughi in fuga al confine con la Siria, rispedendoli quindi direttamente sotto le bombe dalle quali scappavano. Ed è proprio Erdogan, cioè il governo turco, il vero obiettivo del corteo dei NoBorder a Roma. Ricordare a tutta Europa chi è il capo di stato della Turchia: un dittatore e il peggiore dei terroristi. ‘Erdogan terrorist’ sono le parole che scandiscono nei cori gli attivisti del corteo e che hanno voluto lasciare impresse sull’asfalto davanti all’ambasciata turca.
Lungo il tragitto, infatti, i NoBorder hanno voluto lasciare dei messaggi, dei memorandum, quasi dei post-it che ricordassero cosa sta facendo la turchia. Dei gesti simbolici, oggetti di scena usati per improvvisare una scenografia. Nelle strade limitrofe all’ambasciata sono state affisse ai muri delle foto scattate proprio ad Idomeni che testimoniano le condizioni di vita dei migranti; sono state portate anche delle tende, dei gommoni, dei salvagente che sono i simboli di questo enorme fenomeno, insieme al filo spinato dei campi profughi e dei nostri CIE. Dietro le tende, le strade sono state quindi chiuse col filo spinato a simboleggiare tutte quelle barriere che l’Europa erige contro i migranti.
Più avanti non si può andare però. Il corteo NoBorder a Roma si conclude davanti a due camionette e un’enorme inferriata impediscono al corteo di arrivare sotto l’ambasciata, un altro confine addosso al quale abbandonare tutte le tende e i giubbotti e un’altra strada da chiudere con dei messaggi da lasciare.
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