Il Fondo Monetario affossa la Grecia
La Grecia torna a uno stato di massima tensione. Nel ping pong buoni e cattivi questa volta il Fondo monetario Internazionale recita la parte peggiore cui finora si era assistito e chiede misure extra tali da mettere in ginocchio il Paese Ellenico.
Se il Brexit è una catastrofe, il Grexit sembra essere una partita sulla quale scommettere assicurarsi un profitto sicuro. Deve essere questa la soffiata che gira negli ambienti speculativi e ultraliberisti: portare la Grecia al limite del collasso per spremergli quanto più è possibile, del resto non hanno alternative.
«Bisogna portare la Grecia sull’orlo del baratro allungando i negoziati fino a luglio, perché solo quando sono con le spalle al muro fanno concessioni», diceva Poul Thomsen, responsabile europeo del Fmi, come è emerso dalla intercettazioni divulgate da Wikileaks.
E così il gioco si ripete. Non è sufficiente alcuna umiliazione per scongiurarne altre, nessun compromesso perché qualcuno non posti al ribasso. I falchi si cambiano le piume e a turno scendono in picchiata sulla povera Grecia. Povera, non per compatire, ma per stato di necessità; e messa nuovamente con le spalle al muro quando la liquidità torna a scarseggiare. A giudicare da persone etiche non si capirebbe il senso di questo gioco al massacro, ma qui l’etica ce la siamo scordata.
Le trattative tra i rappresentanti del governo greco e i creditori sono quindi giunte a un punto di stallo negli ultimi giorni in seguito alla richiesta del Fondo Monetario Internazionale di aggiungere, e votare in parlamento, una clausola di sicurezza che prevede un esborso di più o meno altri tre miliardi (2% del pil) nel caso in cui non si raggiungano gli obiettivi pattuiti negli accordi di Luglio.
L’aberrazione è tale che, a prescindere dal piano etico (chiedere di cambiare le regole a partita in corso in base alla convinzione che la Grecia non raggiungerà gli obiettivi e dunque assicurarsi fin d’ora il diritto a speculare sulla miseria), al ministro delle finanze Tsakalotos è bastato ricorrere a due argomentazioni limpidissime: la Grecia non potrebbe permettersi una simile misura (che significherebbe una nuova crisi umanitaria) che in ogni caso sarebbe incostituzionale (la legislazione ellenica non prevede che il parlamento possa legiferare su misure «eventualmente applicabili in futuro», ma solo su questioni di natura certa).
Tuttavia ciò è bastato per far tornare in stallo la situazione, tanto che Alexis Tsipras aveva chiesto una convocazione straordinaria dell’Eurogruppo per questo giovedì, annullata dal ministro delle finanze tedesco Schäuble con la motivazione, in soldoni, che l’Eurogruppo verrà convocato quando ce ne sarà bisogno.
A gettare acqua sul fuoco, nel corso della mattinata di giovedì, sono state le “istituzioni”: il presidente della Commissione Europea Claude Juncker, a margine di una telefonata con Alexis Tsipras, ha dichiarato che le richieste del Fondo Monetario Internazionale sono irrazionali e antidemocratiche, tanto che “non sarebbero state accettate in qualsiasi democrazia nel mondo”; e contestualmente la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva, ha dichiarato che “le istituzioni e le autorità greche hanno fatto importanti progressi sul pacchetto necessario per una discussione sulla conclusione della prima revisione e sulla sostenibilità del debito”.
Niente di deciso insomma, e soprattutto niente di scongiurato. La Grecia paga il suo poco peso e in suo soccorso sembrano non levarsi mani d’aiuto. Qualcuno, tra i falchi dell’austerity, è convinto di poter tirare la corda a suo piacimento, eppure dovrebbe sapere che arrivano momenti in cui le corde si spezzano, pure a costo di perdere tutto.
Approfondimenti sui giornali greci:
AVGI 1 (ISTITUZIONI) AVGI 2 (MINA ANDREEVA)
LEFT.GR 1 (AGGIORNAMENTO) LEFT.GR 2 (JUNCKER)
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