La Lady di ‘Walk on’ ottiene la cittadinanza italiana

SUU KyiFinalmente anche in Campidoglio. Quei viaggi tanto attesi si stanno realizzando, a grandi passi e sotto i riflettori del mondo intero. Lei è Aung San Suu Kyi, leader dell’Opposizione birmana sin dalla notte dei tempi, portavoce di una verità che vuole ancora raccontare un pezzo di storia importantissimo dal 1988, anno in cui decide di lasciare Oxford per partire in direzione della sua terra, per realizzare l’inimmaginabile.

Ventiquattro anni di lotta, a suo modo in nome della democrazia, della libertà, per combattere da dentro un sistema dittatoriale e corrotto portato avanti dal Generale Ne Win, uomo superstizioso, allergico al solo accenno del grande sogno Socialista.

Suu Kyi parla di scelte, quando il mondo si ferma per raccontare gli innumerevoli sacrifici, l’esilio in quella casa lontana dalla gente, circondata dal grande lago. Mai scomposta, sempre delicatissima ma tremendamente pertinente quando nell’agosto di 25 anni fa durante una repressione atroce c’è bisogno di un nome, di un leader a correre insieme agli insurrezionisti. Fa un discorso alla folla, pregno del trascorso, vuole sfidare il regime più repressivo al mondo e seguire le orme del padre, mai piegato alla più bruta coercizione. Ha abbracciato instancabile il credo popolare, fatto di una democrazia troppo lontana ma sempre auspicabile, mai alterando il delicatissimo equilibrio della Pace su cui ha sempre voluto reggere i suoi infiniti propositi.

Ma da subito, per tagliare le ali al suo Partito, i militari la mettono a tacere con gli arresti domiciliari senza mai un’accusa formale, dettata da una legge ad hoc. E ancora la vittoria sciacchiante del ’89, ma il potere non le venne mai conferito. E via verso l’esilio. 

Suu Kyi parla di una politica fondata sulla pace e la democrazia e prosegue anche nell’isolamento a perorare e risvegliare il sentimento nel popolo. A nulla valgono gli arresti che vengono rinnovati ogni cinque anni come un’incarico politico, la sua maniera di fare politica è troppo ingombrante, troppo compromessa nell’identità collettiva.

Il suo disegno più grande è fatto di scelte: consapevole di non poter lasciare il Paese neanche quando le viene offerto un biglietto per la libertà per rivedere i figli che crescevano lontano. Neanche quando le è stato arcignamente proposto di raggiungere il marito in fin di vita. Walk on cantavano gli U2 qualche tempo fa, come un inno alla Signora: vai avanti Suu Kyi, per forza.

Lo scorso anno Suu Kyi ha ritirato il Premio Nobel per la Pace dopo 20 anni di attesa. Stessa sorte per il Premio Sakharov assegnatole nel ’90 e ritirato pochi giorni fa.

Ieri la Signora è arrivata in Campidoglio per ricevere la Cittadinanza Onoraria di Roma conferitale nel ’94; elegante, sobria, e decisa più che mai a partecipare alle elezioni del 2015.

Vai avanti Suu Kyi, per forza.

di Nicoletta Renzetti

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