Addio alla regina dell’architettura Zaha Hadid
Zaha Hadid, architetto di fama mondiale progettista del Maxxi di Roma e di altre strutture innovative, è morta all’età di 65 anni per un attacco cardiaco in un ospedale di Miami dov’era ricoverata per una bronchite. Zaha è stata la prima donna a ricevere il Pritzker, lo Stirling e la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects (RIBA), i tre principali riconoscimenti del mondo dell’architettura.
La storia di Zaha ha inizio nel 1950 a Bagdad dove cresce all’interno di uno dei primi edifici di ispirazione bauhaus, corrente e scuola di innovazione nel campo dell’architettura e del desing. Dopo aver conseguito una laurea in matematica all’università di Beirut nel 1972 Zaha si trasferisce a Londra per studiare architettura all’Architectural Association, in seguito inizia a lavorare presso l’Office for Metropolitan Architecture di Rotterdam e nel 1980 apre il proprio studio. Il talento di Zaha Hadid è sui generis e nonostante gli scontri con i più tradizionalisti i suoi progetti spiccano, infatti già nel 1983 ottiene un riconoscimento internazionale vincendo il concorso The Peak Leisure Club di Hong Kong. La grande precisione e metodologia nel suo lavoro la portano ad insegnare in prestigiose università come la Harvard Graduate School of Desing, mentre il suo pensiero innovativo unito al desiderio di andare oltre i limiti spaziali superando gli schemi classici la portano ad essere apprezzata in tutto il mondo. Dal suo studio, situato nel quartiere di Clerkenwell a Londra, Zaha Hadid ha progettato edifici che ancora oggi sono lustro per diversi paesi: l’Heydar Aliyev Centre di Baku in Azerbaijan, un condominio extralusso lungo il parco della High Line di Manhattan, gli impianti BMW di Lipsia alle stazioni della funicolare di Innsbruck,il Rosenthal Center for Contemporary Art a Cincinnati, l’Ordrupgaard Museum Extension a Copenhagen, la Guangzhou Opera House in Cina e anche il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma.
Il periodo di attività di Zaha si colloca nell’era del decostruzionismo o decostruttivismo, orientamento architettonico propenso all’esplorazione di linee meno tradizionali prediligendo l’utilizzo di materiali come il vetro, l’acciaio e il cemento armato. I palazzi tradizionali venivano ideologicamente “distrutti” per ricomporsi in strutture dalle linee moderne dove verticalità e orizzontalità si intrecciano formando strutture dal desing originale, elegante e moderno. A questa corrente Zaha ha dato il suo personale contributo in quanto tutte le sue strutture presentano queste caratteristiche, in una secondo momento la Hadid si avvicinò anche all’esplorazione di forme geometriche più sinuose come quelle che caratterizzano il London Olympic Acquatic Centre, ma senza mai tralasciare quel retrogusto di innovazione tanto caro a Zaha Hadid. Come ogni genio che si rispetti questa regina dell’architettura ha subito diverse critiche, le sue idee rivoluzionarie ed i suoi progetti complessi hanno faticato ad affermarsi sul panorama britannico, ma dopo anni in cui faceva persino fatica a ricevere delle commissioni la carriera dell’architetto è decollata rendendola un nome indelebile nella storia dell’architettura. Gli edifici della Hadid sono degli splendidi accessori del panorama urbano e diverse opere di desing portano la sua firma: Flow, il vaso progettato per Serralunga che mostra profili diversi da ogni angolazione, la collezione di scarpe per Lacoste e diversi lavori per Louis Vuitton e Swaroski.
Dopo la sua scomparsa improvvisa tutto il mondo dell’architettura ha abbandonato le bianche lastre marmoree, le ampie vetrate e gli innesti in acciaio per tingersi di nero in segno di lutto per la perdita dell’architetto donna più famoso del globo.
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