La Scuola al Teatro Quirino, il cult torna in scena dopo vent’anni

Squilla di nuovo la campanella su uno dei lavori cult dello spettacolo italiano, La Scuola. Era il 1992 quando debuttò Sottobanco, pièce teatrale interpretata da un gruppo di attori eccezionali capitanati da Silvio Orlando e diretti da Daniele Lucchetti, ed antesignano di tutto quel filone di ambientazione scolastica che trovò la sua trasposizione cinematografica nei film simbolo degli anni 90′. Fu uno dei rari casi in cui il cinema accolse un successo teatrale e non viceversa. Oggi il primo di quei lungometraggi torna all’habitat che gli ha regalato i natali e più precisamente al Teatro Quirino di Roma dal 29 marzo al 10 aprile.

la scuola quirinoIl trillo della campanella ha per gli spettatori il suono di quelle piacevoli nostalgie che presto divengono amara consapevolezza di come nulla, o poco, sia cambiato in tanti anni. La campanella, infatti, si fa presto sveglia. In scena, come al cinema nel 1995, è tempo di scrutini: un gruppo di insegnanti deve decidere del futuro dei propri studenti, ed è in questo momento che ambizioni sociali e personali, amicizie e conflitti generazionali, si mischiano, prendendo forma in personaggi esilaranti, giudici impassibili o compassionevoli, protagonisti di toni a volte progressisti, altri retrogradi, ed ancora apocalittici o utopistici. Per un risultato che è il ritratto della desolazione distratta degli strumenti troppo spesso casuali e non mirati riservati al mestiere dell’insegnante.

la scuolaLa scuola italiana, vent’anni dopo, ahinoi, è sempre lei: quella che continua a giudicare tutti i propri alunni in base alla capacità del pesce ad arrampicarsi sull’albero, per parafrasare Albert Einstein << Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido>> diceva. Quella in cui i professori di un istituto della periferia romana si vedono costretti a fare lo scrutinio finale in una palestra perché la sala professori è inagibile: il soffitto è rotto, ci piove dentro da tempo e l’assistenza dell’amministrazione pubblica da provvisoria diviene, come sempre, perenne.

In cattedra, però, c’è un professore che è una certezza per gli allievi e per il pubblico e che a sua volta trova negli spettatori la propria garanzia: la platea applaude all’arrivo in scena di Silvio Orlando, sorride ancora prima che lui, insegnante dai tratti buffi capace dell’umanità che servirebbe, sempre pronto a difendere col baluardo della creatività le ragazzate dei propri alunni, apra bocca. Attorno a lui un cast che solo in parte è l’originale: lo spettacolo perde la dolcezza rarefatta della trasposizione cinematografica per divenire una macchina teatrale irresistibilmente comica: metamorfosi, questa, che si evidenzia nel simbolico passaggio di staffetta tra la grazia della protagonista cinematografica Anna Galiena e la nuova comicità di Marina Massironi. La scuola perde anche i suoi esilaranti alunni, di cui è stranamente svuotata, nonostante il potenziale esilarante che avrebbero garantito. E questo un po’ (tanto) dispiace.

Ma l’indimenticabile VI D continua a vivere nei registri dei professori, nei loro voti e nei loro adorabili deliri. la scuolaEd in particolare nel dubbio che ancora una volta resta da sciogliere: Gardini, quello che all’interrogazione di matematica risponde “non sono preparato professoressa, ma se vuole posso farle l’imitazione della mosca” stavolta verrà promosso o bocciato? E soprattutto, la scuola italiana imparerà a guardare negli occhi i propri alunni o continuerà a convivere con la coscienza rigata dal ronzio- tipico delle mosche appunto- di non riuscire mai a valorizzare al massimo la potenzialità dei propri alunni? Ah, saperlo…

 

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