La Mucca e l’uccellino a teatro: “Genitori e figli, a rapporto!”
Pochi dialoghi, molta mimica. Attorno agli attori, una scenografia fatta di giocattoli e colori. Il resto è nella fantasia dei più piccoli. Domenica 20 marzo alle 16.30 figli (e genitori) sono invitati a sedere in platea al Teatro Centrale Preneste, dove lo spettacolo La mucca e l’uccellino racconta complessità e bellezza del rapporto familiare, biologico e non, per la rassegna Infanzie in gioco. In scena una mucca che, sola e senza vitellini, adotta un uccellino caduto dal nido e bisognoso d’affetto. Non importa se sono di due razze diverse. Tra pappe, prime parole e giochi, arriverà però il momento in cui il piccolino dovrà “spiccare il volo”: come potrà insegnarglielo mamma mucca? L’uccellino non sa di essere uccellino, crede di essere una mucca e… non vuole volare. “Ho scritto questo testo molti anni fa, quando mia figlia era ancora piccola e già mi stavo ponendo la domanda: chi è costei?” spiega a Lineadiretta24 Lisa Ferrari, mamma, oltre che autrice, regista (con Tiziano Manzini), interprete accanto a Lucia Manzini dello spettacolo prodotto dalla compagnia teatrale Pandemonium.
Cosa si è risposta?
Da adulti dobbiamo essere consapevoli che spesso tendiamo a proiettare sui figli aspettative e desideri che sono nostri, senza vedere così ciò che essi sono veramente. È certamente gratificante che un figlio voglia assomigliarci, ma se quella non fosse la sua vera strada?
Cosa vuole insegnare ai genitori La mucca e l’uccellino?
A guardare (come fa la mucca) il bambino che abbiamo di fronte: una persona a sé stante, magari diversa da noi, meritevole di rispetto e soprattutto di incoraggiamento a diventare ciò che è e che magari non sa di essere (come l’uccellino). Voglio sottolineare la complessità del rapporto tra genitori e figli: non basta accogliere e accudire fisicamente i figli, è anche giusto e bello relazionarsi con loro attraverso il gioco e allo stesso tempo, essendo adulti, bisogna saper vedere oltre la prospettiva necessariamente limitata di un bambino, per poterlo indirizzare verso la realizzazione delle sue potenzialità. Un discorso che potremmo allargare anche agli educatori di genere.
Mamma mucca e figlio uccellino: la genitorialità non biologica è una tematica estremamente attuale. Una questione delicata, quanto delicata è la platea dei più piccoli. Come sensibilizzare i bimbi in questo senso?
Attraverso le metafore proprie delle fiabe. Sono convinta che in questo modo si possa raccontare ai bambini, anche piccoli, qualsiasi cosa: “La vita è bella” di Roberto Benigni docet. L’approccio de La mucca e l’uccellino è anzitutto la trasposizione della vicenda nel mondo degli animali, con cui i bambini hanno istintiva empatia, dopodiché ogni componente della relazione fra i due, dal nutrimento al volo, è vissuta attraverso il filtro della comicità, del divertimento, del gioco.
Ci sono favole a cui ha attinto nella stesura del testo?
No, ho scritto il testo originale anni fa. Ne avevo ne fatto una prima messa in scena ma poi, dopo la pubblicazione del libro Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare, non continuai, poiché poteva sembrare avessi scopiazzato. In realtà quando scrissi questa storia, il libro di Luis Sepulveda non era ancora uscito in Italia. Pur essendo per certi versi i due racconti sovrapponibili, non ho copiato! Mi sono convinta a riportarlo in teatro quando, tempo fa, ho vissuto l’esperienza della maternità non biologica. È dedicato a Wenes, la bimba che sostengo a distanza.
Oltre a dosi di immaginazione, quindi, nello spettacolo trovano spazio assaggi di vita vissuta. Cosa c’è di autobiografico?
Essendo io stessa madre biologica e madre a distanza, l’esperienza di prendersi cura del figlio, anche nelle piccole incombenze della quotidianità, entra prepotentemente nello spettacolo (e i genitori in sala spesso ridono di loro stessi, riconoscendosi in certe difficoltà!) Che c’è di autobiografico? Soprattutto la fatica, l’impegno costante a cercare il giusto equilibrio.
Attraverso quali stratagemmi tecnici riesce a catturare l’attenzione dei piccoli in sala?
Attraverso spedienti sostanzialmente visivi: uso di giocattoli che rappresentano gli animali e un’ambientazione che ricorda un parco giochi o il salone di una scuola dell’infanzia, e poi molta mimica, al limite del claunesco, e pochissimo dialogo.
In che modo le reazioni dei bimbi in platea arricchiscono il suo lavoro?
I bambini sono straordinariamente attenti! Ridono molto, in particolare dei paradossi che una relazione fra due esseri così diversi comporta. Fare spettacoli per loro è farli con loro: le risate, le battute ad alta voce, così come i silenzi pieni di tensione, sono ingredienti fondamentali e parti di un dialogo autentico fra palco e platea. Se queste reazioni non ci fossero, vorrebbe dire che lo spettacolo non sta comunicando niente e il nostro lavoro non solo ne sarebbe impoverito ma non avrebbe proprio senso.
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