Massimo Bossetti: quel dna non mi appartiene
La vicenda della povera Yara Gambirasio sembra non avere fine e così tra accuse e difese si continua a protrarre: Massimo Bossetti, l’unico indagato per il delitto, ha infatti dichiarato che il dna trovato sul corpo della ragazza non sia il suo. “Quel dna non mi appartiene” ha affermato, ricalcando un po’ la stessa posizione espressa nell’interrogatorio dell’8 luglio 2014, quando parlò della possibilità che il suo dna si torvasse sul corpo di Yara per mano di Massimo Maggioni, un collega con il quale non era in buoni rapporti e che gli valse l’accusa di calunnia ai danni di quest’ultimo.
“Ho pensato che sia stata uccisa per mettermi nei guai” ha affermato: secondo il carpentiere di Mapello sarebbe quindi una congiura e così mentirebbero i colleghi che hanno riferito di aver saputo dallo stesso Bossetti della denuncia per maltrattamenti da parte della moglie e dell’obbligo di firma presso i carabinieri di Ponte San Pietro. Sarebbe invece vera la “balla” da lui raccontata riguardante un tumore, di cui hanno riferito gli stessi colleghi, in quanto avrebbe giustificato le assenze prolungate di Massimo Bossetti dal cantiere per dedicarsi ad un altro lavoro in un periodo non proprio florido. Mentirebbero gli edicolanti che non lo ricordano “all’edicola di Brembate parcheggiavo sempre con l’autocarro nell’ unico posto disponibile, quello dei portatori di handicap, strisciavo con le ruote sul marciapiede e qualche volta ho fatto anche cadere la locandina del giornale e l’edicolante era anche uscito a rimproverarmi“. Mentirebbe il maggiore dei carabinieri che lo fermò il giorno dell’arresto “non volevo scappare, e’ che sono arrivati in quaranta che neanche per Toto’ Riina… Io non capivo, stavo svenendo” e quindi anche il computer dal quale risultano ricerche su tredicenni “non esiste che ci siano quelle ricerche. Pornografiche si’. Le facevamo io e mia moglie, mai da solo, dopo che i bambini erano andati a dormire“. Intanto si attende la prossima udienza fissata per il 16 marzo.
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