La rivoluzione “pop” della Rai di Antonio Campo Dall’Orto

Il nuovo direttore generale della Rai in carica da agosto 2015, Antonio Campo Dall’Orto, promette grandi cambiamenti nel vetusto palinsesto del nostrano servizio pubblico televisivo. La “rivoluzione”, o meglio, un timido accenno al cambiamento, ha iniziato a farsi strada già a partire dallo scorso febbraio con le nomine dei nuovi direttori di rete, e continuerà nei mesi a venire con importanti modifiche, così come lo stesso dg ha comunicato in una intervista rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano Repubblica.

Strano ma vero, Campo Dall’Orto ha annunciato la morte di quegli odiosi programmi di “emotainment”, cioè quelli che tirano in ballo vicende personali che puntualmente si rivelano ai limiti del melodrammatico. Dunque non vedremo più Il Dono, il programma intriso di buoni sentimenti condotto dalla coppia Liorni-Perego; Così lontani così vicini, una sorta di evoluzione naturale di Carramba, e Ti lascio una canzone, noto polpettone canterino condotto da Antonella Clerici.

Antonio Campo Dall’OrtoQuesti programmi, che hanno caratterizzato per anni il palinsesto della Rai giocando con i sentimenti e le emozioni, hanno contribuito all’innalzamento degli ascolti poiché, quando si tratta di “questioni di cuore”, l’italiano medio tira fuori il fazzoletto e resta incollato alla tv. Potrebbe quindi essere controproducente eliminarli? Probabilmente no, poiché gli ultimi dati auditel che si riferiscono ai format suddetti non sono stati poi così tanto incoraggianti come un tempo. Un esempio evidente di decadenza riguarda Ti lascio una canzone che, nella prima edizione, sfiorò il 40% di share, mentre nell’ultima si è fermata appena al 17%. Sorte peggiore per gli altri due: sia Il Dono che Così lontani così vicini hanno dovuto chiudere in anticipo causa ascolti catastrofici, chiaro segno che i tempi cambiano, le trasmissioni “sempliciotte” non piacciono più così tanto e gli italiani hanno terminato i fazzoletti e sono pronti per un intrattenimento ben diverso, magari di qualità.

Anche Domenica In, già dalla prossima settimana, cercherà di cestinare le emozioni forti, eliminando completamente dalla scaletta lo spazio che dedicava alla cronaca nera che, a nostro avviso, stonava in maniera lampante in un programma nato per essere puro intrattenimento in una giornata festiva. Campo Dall’Orto, inoltre, vuole dare più spazio allo sport, partendo dagli imminenti Europei di Calcio e Olimpiadi, e, soprattutto, “fare servizio pubblico”, ovvero proporre allo spettatore un intrattenimento di qualità, come Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi dedicato ai migranti e Lampedusa che ha vinto l’Orso d’oro per il miglior film a Berlino, di cui la Rai sta comprando i diritti in modo da poterlo trasmettere in autunno in una serata a tema.

La volontà di cambiare una televisione che resta sempre qualche passo indietro rispetto alla velocità con cui si evolve la società moderna c’è, ed è evidente nelle stesse parole di Campo Dall’Orto che già lo scorso settembre diceva: “Quello che deve cambiare prima di tutto è la mentalità di chi lavora nella nostra azienda, si tratta di una discontinuità culturale non tecnologica. Mi verrebbe da usare una parola forse abusata ma che sintetizza bene quello a cui mi sto riferendo: pop. Essere pop significa essere in sintonia con la contemporaneità. La Rai deve guardare anche al pubblico che ormai non la segue più. Si deve sperimentare un nuovo racconto popolare in cui non si ha paura di spiegare a chi guarda i nostri canali che i miti di un tempo non sono miti assoluti ma sono miti che vanno accostati a quelli più moderni”.

La Rai dunque si farà un lifting, ma siamo sicuri che il chirurgo Campo Dall’Orto saprà fare il suo mestiere? Lui assicura di sì: “Abbiamo un bellissimo mandato che è quello di rendere la Rai più forte e più indipendente. Alla fine i cambiamenti si vedranno e il Paese li saprà cogliere”. Gli italiani sono ben pronti a cogliere i futuri frutti dell’albero Rai, speriamo che non siano già bacati in partenza! Leggi l’intervista su Repubblica.it

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