La morsa austera della Germania

Mentre in Italia imperversano crisi di governo e legittimità, giochi di potere e di palazzo tra pdl e centro, i battibecchi tra Letta e Berlusconi suonano da effimera polemica e coprono ogni spazio per discutere i problemi strutturali del Paese. Le ripetute crisi politiche che mettono in luce i problemi giudiziari dell’ex-leader e la corsa alle poltrone, rischiano di diventare uno show per ottenere consenso, invece di perseguire la stabilità di Governo.

Ed è proprio la legittimità, uno dei fondamentali mattoni democratici che sta, pian, piano, crollando in ambito nazionale e sovranazionale. Infatti, crisi economica e politica vanno di pari passo, e uno degli elementi pregnanti è proprio l’inadeguatezza delle istituzioni politiche nel garantire la stabilità che scaturisce dalla coesione delle forze e far fronte a ciò che accade in ambito italiano ed europeo. Il deficit di bilancio, l’allarme povertà, la crisi della politica monetaria e gli aggiustamenti di quella fiscale, riflettono sul microcosmo statale, il caos europeo e medio-orientale.
Più volte, in questo susseguirsi di inciampi e rattoppi di Governo, il richiamo ad un intervento della Troika è stato forte e chiaro ed è evidente il retroscena della guida tedesca nella gestione delle tempeste economiche di Cipro, Lisbona, Atene, Madrid, Ankara, Roma.

Le istituzioni della Germania, modello europeista di politica economica, di welfare e accountability, aprono la strada ai provvedimenti di austerity per garantire il rientro di tutti gli Stati nei parametri socio-economici concertati e stabiliti dall’UE nell’ambito dell’UEM e pilotati dalla Germania. La struttura stessa della BCE è simile a quella della Bundesbank e ricalca un modello di efficienza funzionale che ha portato alla massima espansione neo-liberale le economie occidentali. È stata in grado di sostenerle, però, solo fino all’implosione delle bolle finanziarie, creditizie e immobiliari, che hanno rappresentato l’innesco per l’attuale crisi del debito sovrano.

Alla BCE e all’UE si è poi unito il Fondo Monetario Internazionale nell’intervento di contenimento delle estreme conseguenze dell’insolvibilità degli Stati e per dettare le linee guida dei sistemi economici. Le economie mondiali maggiori ed emergenti, come la Cina e l’India, si sono addossate parti del debito degli stati occidentali in recessione, e tutto ciò ha contribuito a realizzare il controllo parziale delle istituzioni della finanza globale da parte di pochi Stati pilota. Le maggiori quote decisionali dell’FMI sono appannaggio degli Stati Uniti, un elemento esterno che contrasta con il processo di costruzione europea. Questo triumvirato economico, fortemente voluto dalla Germania, impone scelte a partecipazione ristretta da parte degli Stati, nonché modelli di crescita e sviluppo sulla scorta degli stati predominanti, difficilmente equiparabili a tutti i sistemi.

Perciò la sostituzione delle istituzioni economiche internazionali con quelle politiche nella gestione della crisi del debito sovrano, mette in evidenza gravi carenze in ambito comunitario di legittimità, rappresentanza e partecipazione, sia a livello particolare, in riferimento alla cittadinanza europea, sia a livello inter-statale con la partecipazione allargata ai processi decisionali.
Per questo motivo, l’azione espressa dai piani alti del consesso europeo, sembra non tener conto delle necessità politico-economiche strutturali di ogni singolo paese, pur di standardizzare i livelli economici alle economie più avanzate e realizzare il rientro degli stati nei parametri prestabiliti.

L’austerity economica, per la prima volta nella storia, ha rappresentato una compressione del carattere fondante dello Stato, la sua sovranità, incidendo su scelte cruciali e determinando decisioni obbligatorie a cui i governi devono conformarsi. È per questo che, per rifarsi a dei modelli economici superiori, si rischia di perdere di vista le caratteristiche socio-economiche di un particolare sistema e territorio: mirando alla luna, il rischio è quello di perdere di vista il dito.

Eva Del Bufalo

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