Morricone e la Rai: quando la cultura si fa i conti in tasca
“Con la cultura non si mangia” sottolineava nel 2010 l’allora Ministro Giulio Tremonti e, sebbene quest’uscita infelice faccia ancora accapponare la pelle agli appassionati di ogni forma d’arte, mai frase fu più adatta a spiegare il recente scambio di battute tra Ennio Morricone e la Rai.
A sollevare la polemica è stato qualche giorno fa lo stesso compositore che, nel raccontarsi ad Aldo Cazzullo de Il Corriera della Sera dopo la sua vittoria agli Oscar 2016 per la colonna sonora di The Hateful Eight, ha posto l’accento tanto sull’amore per la musica quanto sulla disapprovazione nei confronti del servizio pubblico. “C’è ancora qualche bravo compositore, ma sono rimasti in pochi: da quando si è imboccata la scorciatoia del sintetizzatore, dove fai tutto o quasi con un solo accordo, la qualità della musica nel cinema e nella fiction è scesa”, ha dichiarato senza mezzi termini il grande musicista romano, aggiungendo che, con la Rai, aveva chiuso. “L’ultima volta mi hanno cercato per un’opera di Alberto Negrin. Mi hanno detto: ‘Ci sono 10 mila euro per lei e per l’orchestra’. Ora, io posso anche decidere di lavorare gratis per la tv del mio Paese, ma i musicisti vanno rispettati. Incidere una colonna sonora con un’orchestra costa almeno 20, 30, forse 40 mila euro. È stato un momento di grande imbarazzo. Così ho dovuto dire: basta, grazie”.
Parole audaci e senza filtro, quelle del Premio Oscar, che non sono sfuggite alla direzione di Viale Mazzini: è stato lo stesso Antonio Campo Dall’Orto ad esporsi in prima persona, pochi giorni dopo, prima dando ragione ad Ennio Morricone sulla scarsa valorizzazione delle eccellenze italiane all’interno delle grandi reti generaliste, poi complimentandosi via telefono con il Maestro per l’ultimo premio ricevuto e chiedendogli di prendere parte a un importante progetto Rai dall’ampio respiro internazionale (di cui ancora non si conoscono i dettagli).
Il risultato? Stando alle fonti di Viale Mazzini, Morricone avrebbe accettato l’offerta con “grande piacere”, mettendo la parola fine ad una diatriba che forse sarebbe stato interessante seguire e che avrebbe potuto portare ad una revisione dei cachet del servizio pubblico, alla ricerca di maggior equilibrio.
Pensiamo infatti ad altre polemiche sorte per il motivo opposto, ovvero per i compensi astronomici di alcuni artisti. Roberto Benigni, ad esempio, altra eccellenza italiana premiata agli Oscar del 1999 per La vita è bella, nel dicembre 2014 pare aver incassato 2.4 milioni di euro per le due puntate dello show targato Rai 1 I dieci comandamenti, una cifra a dir poco altisonante per una tv pubblica in tempo di crisi, anche se ripagata in parte dal successo ottenuto dal programma (circa 9 milioni di telespettatori solo la prima serata).
E se, per Antonio Campo Dall’Orto, “bisogna intervenire negli sprechi. Non certo nella valorizzazione dei talenti e delle eccellenze culturali del paese”, quel che è certo è che i cachet di grandi artisti rimarranno, probabilmente per molto tempo ancora, un punto interrogativo irrisolto sia per chi investe nella cultura, sia per chi la produce e ne fa parte.
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