Il Re è nudo parte seconda

« Non siamo una Repubblica Presidenziale » vanno ripetendo da parecchio vari esponenti politici tra un talk televisivo e un lancio d’agenzia sgangherato, sputato in fretta e furia. Eppure, il destino dell’Italia appare sempre più dipendere direttamente dalle decisioni che un solo uomo al comando, sempre più solo, stabilirà di prendere.

 

Per Giorgio Napolitano, la data di mercoledì rischia di essere un vero e proprio referendum parlamentare sulle sue azioni. È più semplice farsi un’idea nel merito osservando, razionalmente, quello che viene battuto da importanti quotidiani stranieri con meno peli sulla lingua rispetto ai nostrani. Uno su tutti ‘El Pais’, che boccia senza attenuanti la (probabile) caduta dell’esecutivo di Enrico Letta bollandola quale il secondo fiasco consecutivo del Presidentissimo (dopo Monti, ndr). Per dire: se a Silvio Berlusconi e compagni potrebbe andare il difficilmente eguagliabile record di aver fatto cadere tre governi in altrettanti anni, anche l’inquilino del Colle ha le sue responsabilità.
Tra l’altro, sembra passata un’eternità dal 22 aprile, giorno del discorso alle Camere di quell’insediamento-bis accolto da scroscianti applausi in aula e dai contrapposti fischi e nervosismi fuori, nelle strade di Roma. Gli obiettivi allora erano assai chiari: attraverso il « rivivere insieme il farsi della nostra unità nazionale » si trattava di « dare risposte ai nostri problemi ». Quali problemi, per esempio? Semplice: « mancata riforma della legge elettorale del 2005 […] riforme della seconda parte della Costituzione […] riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica ». I partiti furono avvisati nel merito: « se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese ».
A rileggere quel discorso oggi, sul filo di un ennesimo crollo politico e con tutte quelle speranze disattese per l’ennesima volta, può sorgere almeno un sorriso di rabbia. Tanto per dirne una i nostri nonni hanno atteso meno la fine delle guerre mondiali che la riforma del Porcellum. Nonostante ciò, quelle minacciose conseguenze tanto sbandierate ancora non si vedono né si comprende se esistano realmente e difficile è anche scorgere le possibili future mosse di Napolitano. Lecito allora chiedersi: cosa succederà?

Il quesito è appassionante e a darsi – e dare – una risposta ci stanno provando un po’ tutti; ‘Il Giornale’ ipotizza uno scenario simile al 2008, quando con la caduta di Prodi fu affidato – invano – un mandato esplorativo a Franco Marini: stavolta toccherebbe a Fabrizio Saccomanni assumersi l’arduo compito di verificare una eventuale e possibile maggioranza con cui governare. Circostanza non da escludere, soprattutto tenendo conto di quanto ripetuto più volte dall’amico/giornalista/ex collega di partito del Presidente, Emanuele Macaluso, che affermava come tutto farà Napolitano fuorché mandare di nuovo al voto con il Porcellum. Come evitare ciò? La nomina dei 4 Senatori a vita potrebbe aiutare in tal senso, ma pure con il loro supporto e quello di Sel (Vendola si è già detto favorevole a un esecutivo di scopo) servirebbe qualche “transfugo” ulteriore dal Movimento 5 Stelle o ancor più dal Pdl, attualmente in grande fibrillazione e tensione interna.
Sta di fatto che dal teatrino della politica si levano voci più fantacalcistiche che istituzionali e che il povero Napolitano, attualmente, ricorda sempre più il protagonista di un film di Vittorio De Sica: il vecchietto Umberto che isolato dal mondo si spinge fino al tentativo di suicidio dal quale sarà il suo unico amico rimasto, un piccolo cagnolino, a salvarlo spingendolo lontano dal treno che a tutta velocità stava per travolgerlo. Escludendo dalla diatriba tutti i tipi di cani (soprattutto barboncini bianchi) resta da stabilire una cosa: ci sarà, stavolta, una “spintarella” salvifica in aiuto del Quirinale? Da parte di chi?

di Mauro Agatone

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