Ocean Terminal: in scena l’inno alla vita di Welby

Ocean terminal, diretto e interpretato da uno straordinario Emanuele Vezzoli, inaugura la seconda stagione del Teatro dei Conciatori. Lo spettacolo, in scena dal 24 settembre al 6 ottobre, è tratto dal diario che Piergiorgo Welby decise di scrivere negli ultimi anni della sua vita dopo la lacerante esperienza di quaranta giorni in sala di rianimazione.

Meditazioni disperate sulla vita, sulla morte e sul nulla sorgono spontanee e necessarie dalla prigionia insopportabile della distrofia muscolare. Ocean Terminal non è solo il dramma dell’eutanasia portato a teatro: lo spettacolo si svincola dal raccontare la notissima lotta politica dell’attivista Welby, preferendo approfondire la ben meno nota terapia che Piergiorgio studiò per lenire la propria schiavitù. Una terapia fatta di conoscenza e poesia, di musica e di pittura, di una curiosità che spinse all’estremo nelle comunità hippy frequentate negli anni 70. “A casa rilesse il De rerum natura di Lucrezio, i tragici greci, Leopardi e tutta l’opera di Severino. La sua scelta è stata quella di Socrate, Seneca e Petronio. Certe decisioni si prendono soltanto quando si è forniti di un retaggio etico-culturale ben preciso(…) Mi piacerebbe che si parlasse di Piergiorgio in questi termini: vorrei far conoscere la sua intelligenza, la sua cultura.” dichiara il nipote Lioce, co-curatore dell’adattamento drammaturgico con Luca Morricone. La rappresentazione porta in scena in un flusso di coscienza frammenti spezzati dell’esistenza di un “condannato a vita”: dalle gite in parrocchia al perentorio rifiuto di ricevere in stanza sacerdoti. Welby è il continuo sforzo di appassionarsi ai mille colori della vita con spontanea curiosità, lo scontro tra la voglia di vivere e la necessità di morire.”Un collezionista di cieli” ritrovatosi costretto ad osservare l’unico paesaggio possibile per chi è vittima di una malattia invalidante: il soffitto bianco di una stanza d’ospedale. {ads1} Si esce dalla sala scossi e disorientati per la prosa aspra e la profonda riflessione sul quotidiano, ma con la sensazione che lo spettacolo faccia bene alla salute. Sul palcoscenico solo un tavolo freddo di marmo e un lenzuolo bianco, resi significativi da una mimica scenica aggressiva, indispensabile per comunicare la rabbia incontenibile di chi da sempre è amante della vita e si ritrova ad essere tentato dal cinismo di una visione troppo lucida dell’esistenza. “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. […] Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche“. (Piergiorgio Welby, dalla lettera al Presidente Napolitano 22 settembre 2006 )

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