L’agricoltura femminile può salvare il Pianeta
“Parità di genere” è un’espressione che evoca quote rosa, equità salariale e suffragette ma che difficilmente saremmo portati ad associare immediatamente a un settore come quello dell’agricoltura. Eppure, superare la discriminazione in questo campo non sarebbe solo un passo avanti per la società, ma potrebbe addirittura salvare il Pianeta.
A dirlo è Danielle Nierenberg, esperta di sostenibilità, agricoltura, questioni alimentari, genere e popolazioni. «Le donne sono più della metà della popolazione mondiale e circa la metà degli agricoltori. Il loro contributo all’agricoltura passa però quasi inosservato ed è praticamente ignorato a livello internazionale», ha scritto in Eating Planet, il testo su cibo e sostenibilità curato dalla Fondazione Barilla BCFN. Il 43% della forza lavoro agricola è femminile – un dato che in alcune zone dell’Africa Subsahariana tocca punte dell’80% – ma l’enorme contributo che le donne danno alla produzione del cibo non basta per liberarle dalla posizione di subalternità che continuano a occupare.
Escluse dalla possibilità di ricevere un’istruzione, alla donne è negato l’accesso ai finanziamenti bancari «e sono ignorate dai servizi sociali e dagli enti di ricerca». Senza dimenticare la discriminazione quotidiana per il solo fatto di essere donne, ontologicamente inferiori. «Eppure sono loro, in tutto il mondo, che danno da mangiare alle famiglie, migliorano i nutrienti e combattono nella loro quotidianità il cambiamento climatico. In Ghana si occupano delle mucche da latte, in Costa d’Avorio coltivano gli orti che riforniscono le mense scolastiche, in Florida raccolgono pomodori, in Kenya coltivano fiori, in Italia allevano conigli, in India raccolgono tè e in Ecuador caffè, mentre in Giappone fanno essiccare il pesce».
Diverse latitudini, diverse culture, diverse società, una costante: il lavoro instancabile delle donne nei campi, che si aggiunge alle altre mansioni – accudire i figli, gli anziani, la casa, macinare chilometri su chilometri alla ricerca dell’acqua – e che porta in tavola in cibo necessario. Le donne, però, non si limitano solo a produrre gli alimenti che verranno consumati, ma si occupano della tutela della biodiversità, delle colture, della sostenibilità. Dalle 50 agricoltrici nigeriane che, attraverso una partnership con l’International Center for Research, hanno creato orti comuni con irrigazione a goccia e a energia solare quintuplicando i guadagni, alle allevatrici ghanesi che grazie a una collaborazione con Heifer International hanno avviato una piccola cooperativa per produrre yogurt che viene poi venduto a scuole e negozi locali, passando per una molteplicità di storie ed esperienze in tutto il mondo, le donne stanno rivoluzionando a un tempo i sistemi di produzione del cibo, il proprio status sociale e la cultura in cui vivono.
Ma il – lungo – cammino per l’uguaglianza non ha effetto solo sulle famiglie o le popolazioni che lo intraprendono: secondo la FAO, infatti, «se le agricoltrici potessero accedere alle stesse risorse – terra, credito, formazione, assistenza sociale – a cui hanno accesso gli uomini, potrebbero aumentare la produzione alimentare dal 20 al 30% e allontanare circa 150 milioni di persone dalla malnutrizione e dall’insicurezza alimentare».