Merkel vince ancora e ci dà lezioni di larghe intese

Angela Merkel esce vittoriosa dalle elezioni e resta cancelliera per il terzo mandato consecutivo. Un trionfo che avrà comunque bisogno di un partito stampella, ciononostante il governo di larghe intese tedesco non ha nulla da spartire con quello italiano. Anzi, continuerà a bacchettarlo.

La Germania è pronta al Merkel III. La lady di ferro, che nulla ha da invidiare alla Thatcher, ha conquistato con il suo CDU/CSU il 41,5% dei voti, assicurandosi 311 seggi al Bundestag. Un risultato formidabile se si pensa che i consensi nei confronti della cancelliera, che ha governato per tutti questi anni di crisi e che dunque sarebbe naturale catalizzatore di frustrazioni e risentimenti, ha invece visto aumentare i suoi consensi rispetto al 2009. Certo questo non basta per un governo monocolore e, ora che i liberali restano fuori dai cancelli del Parlamento, gli alleati vanno cercati nell’opposizione. Eppure si parla di trionfo e la Merkel, che non è del Pd, non si sogna nemmeno dichiarazioni del tipo “abbiamo non vinto”. Lo scenario che si va delineando è quello di un governo di coalizione, ma siamo lontani anni luce da similitudini con lo status quo nostrano, con buona pace del nostro premier Letta che ha commentato il voto tedesco rilevando che «emerge un modello di cooperazione simile al nostro. Forse in Italia si capirà che quando i nostri elettori ci obbligano ad una grande coalizione bisogna farsene una ragione».

Perché i nostri cugini tedeschi non ci assomiglino affatto è presto detto. Innanzitutto Angela, con le sue idee ferme e i suoi modi diplomatici, è entrata a pieno titolo nel novero dei grandi cancellieri, la più giovane leader in grado di farsi rieleggere dopo il terzo mandato (prima di lei c’erano riusciti solo Adenauer, Schmidt e Kohl); Letta invece pare essersi trovato a Palazzo Chigi per caso: Bersani è stato costretto a spostarsi e guarda caso proprio dietro di lui c’era Letta, a cui è stata passata la patata bollente. Diverso il carisma del leader, diverso il livello del dialogo tra i partiti. Lo scenario che si va delineando in Germania è quello di un patto con il partito socialdemocratico, l’Spd di Peer Steinbrück che si è conquistato il 25,7% delle preferenze, oppure con i Verdi. Un accordo con l’intera coalizione d’opposizione (Spd, Verdi e Linke) è da escludersi, l’inconciliabilità dei programmi determinerebbe il tradimento degli elettori o l’immobilismo. “Non siamo mica in Italia”, commenterebbero probabilmente i giornali tedeschi. Ma con un solo alleato, che lasci fuori il radicalismo della Linke, è possibile trovare punti di contatto tra i programmi, tra cui salvataggio dell’euro e più rinnovabili. Le nostre larghe intese non s’intendono su niente, se non sulle accuse e sui ricatti reciproci. Del resto la cancelliera tutta d’un pezzo con la sua vecchia conoscenza Silvio Berlusconi un governo non l’avrebbe mai fatto.

Non esporteremo dunque il nostro traballante modello politico in Germania e possiamo star certi che la Frau Merkel continuerà a bacchettarci, nonostante le congratulazioni e gli entusiasmi di Letta e Napolitano. Il voto tedesco significa consolidamento dell’Eurozona e dei suoi diktat, come il limite del 3% di deficit che il governo italiano però con tutta probabilità infrangerà. E così, a cominciare dalle questioni Iva e seconda rata dell’IMU, abbiamo parecchi compiti a casa ancora da svolgere, e in fretta.

di Francesca De Leonardis

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