Sanremo 2016, tweet e altri magici momenti social
Twitter è ormai diventato un divano comune da cui bocciare o promuovere a colpi di cinguettii i programmi tv. Un divano che, nel corso delle singole puntate del Festival di Sanremo 2016, ha contato una media di 400mila tweet inviati. Circa sessantamila gli utenti unici che hanno commentato online ciascuna serata, con il tradizionale mix di sarcasmo e ferocia, al grido dell’hashtag #Sanremo2016. Ricorderemo la kermesse di quest’anno per i post allarmati a causa della mancata presenza del maestro Beppe Vessicchio nel corso della prima serata, per le parodie meritate dalla goffaggine del presentatore Gabriel Garko, per il leggero dubbio, valso appena 17mila tweet, circa un possibile ritocchino estetico da parte di Patty Pravo – “sono contraria alla chirurgia estetica”, continua a dichiarare, altera come solo le vere dive sanno essere – ma soprattutto e come sempre, per le polemiche. Perché se è vero che Sanremo non è davvero Sanremo senza un’autentica e salutare polemica, quest’anno ci hanno pensato i social network a tenere alta la bandiera della tradizione.
Primo tra tutti, il vulcanico e sempre prolifico account di Maurizio Gasparri, che anche stavolta non perde occasione per polemizzare, puntando il dito niente meno che contro i Pooh, ospiti della terza sera: “Pure i Pooh scappati dall’ospizio diventano conformisti, ora a nanna con la badante”, cinguetta, scatenando la premurosa ira del figlio del tastierista Roby, Francesco Facchinetti, che ribatte: “a te neanche la badante ti sopporta”. L’ex Dj Francesco, dal canto suo, è finito però nel mirino di un’altra querelle, assimilabile all’affollatissimo quanto curioso filone dell’ “ho twittato a mia insaputa”: dopo aver cinguettato in maniera un po’ dura contro “l’ostentazione”, a suo dire “forzata”, dei nastrini colorati indossati dai cantanti in gara a sostegno del decreto Cirinnà, Facchinetti si pente e cancella il tweet. Oppure, per dirla con parole sue, si sveglia la mattina seguente e scopre che il pubblico lo accusa di arroganza “per un tweet che non ho mai scritto”, accusando di superficialità un suo ipotetico collaboratore che ne sarebbe l’autore sbadato e non autorizzato. La disattenzione non è però sfuggita ad Alessandro Gassmann, altro prolifico “twittarolo”, che a sua volta scrive: “Non si tratta di ostentare, ma di riconoscere, con i doveri, anche i diritti di TUTTI. Irritato?”. Una volta c’erano gli uffici stampa, che avevano il nobile ed oneroso compito di modulare sapientemente le esternazioni di vip, meno vip e più o meno vip, al fine di restituirne al pubblico un’immagine coerente e sempre smagliante; oggi i crudeli social network non risparmiano ai suddetti scivolone alcuno.
E non ce la conta giusta neanche Belen Rodriguez. La showgirl argentina, che alcune settimane fa aveva definito esagerata e a tratti offensiva la caricatura riservatale dall’imitatrice Virginia Raffaele, stavolta fa sapere tramite social che ne avrebbe apprezzato il lavoro sul palco di Sanremo. Il condizionale però è d’obbligo perché, ad onor del vero, la sportività di Belen è scivolata su un dettaglio non indifferente: la scelta “furbetta” della foto ad accompagnarne le parole di elogio, un fermo immagine che fa vedere qualcosa in più di quello che si dovrebbe. Difficilmente può trattarsi di un caso, come fanno notare molti commentatori. Andrebbe però detto alla Rodriguez che, se Virginia Raffaele ne fa un’imitazione “desnuda”, la “radice” della questione sta a monte, e non a valle: esigenze di copione, insomma.
Fuori da veleni e deliri egotici, se l’Ariston riserva la standing ovation più sentita del Festival ad Ezio Bosso, pianista e direttore d’orchestra di fama internazionale esibitosi nella seconda serata, anche i social lo eleggono indiscusso eroe. Al cinguettio del blog satirico Spinoza che aveva definito “da coglione” la capigliatura del maestro affetto da SLA, Bosso ha risposto: ”Quello perché cerco di pettinarmi da solo”. È stata proprio l’autoironia dell’artista, colpito dalla malattia nel 2011, a ricevere il plauso del web. “Era già il nostro idolo prima – scrive Spinoza – ma ora Bosso ha vinto tutto“.
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