Luigi Rinaldi: “Dalla Silicon Valley all’Italia. Ecco Enry’s Island”
E’ avvenuto lo scorso 29 gennaio l’evento inaugurale di Enry’s Island, l’incubatore di startup con sede in Irlanda e in Italia che si occupa di accogliere startup accuratamente selezionate per trasformarle in aziende di successo. Il progetto è ambizioso e complesso, per questo, per saperne di più, abbiamo intervistato Luigi Rinaldi, founder e CEO di questa “Isola”. A lui la parola.
Di cosa si occupa Enry’s Island?
Più che incubatori siamo procreatori di startup. Enry’s Island è una metafora, un non luogo che vuole evocare un contesto economico, sociale, intellettuale ideale nel quale gli startupper trovino i tre ingredienti cruciali per il successo: idee, competenze, capitali. Su questo paradigma Enry’s Island basa il suo modello e incrementa, ogni volta che subentra una nuova startup, questi 3 ingredienti apportando idee integrative rispetto a quelle originarie della startup stessa, per valutare il business concept. Contestualmente valutiamo le competenze dei founder e del team e i capitali, per capire appieno l’entità delle risorse economiche ed avere chiara la pianificazione finanziaria. Quello che facciamo noi è prima di tutto capire lo status quo, lo stato dell’ASP, ovvero quanti capitali sono stati già investiti e quanti soprattutto ne servono per crescere. Abbiamo un portfolio di 8 startup internazionali, molto diversificate tra loro, il cui fil rouge è quello dell’innovazione di prodotti e di processo: molte hanno un business model orientato al web, alcune sul mobile, altre sulle tecnologie fisiche. Le 8 startup sono gli 8 team abitanti dell’Isola, ricevono programmi di accelerazione personalizzati, ed è questo il nostro punto di forza rispetto ai nostri competitor, che offrono solo programmi standard, mentre noi creiamo programmi ad hoc, rispettando le diverse esigenze.
Dal 29 gennaio 2016 condividete gli ambienti con Lime5. Di cosa si tratta?
Lime5 è una Innovation Agency, non una banale web agency, che coniuga due poli: da una parte le agenzie di comunicazione con un background tradizionale, sui mass media, tv, radio e stampa, però mancanti delle competenze più verticali sul mondo del software, e sull’altro versante ci sono le software house, forti sulla parte del software, sia mobile che web, però manchevoli sul piano del marketing. Lime5 si colloca quindi al centro di questi due mercati, con base a Pescara, avendo competenze sia sul fronte del marketing e della comunicazione online e offline, sia verticalmente sul fronte dell’ASP, dello sviluppo vero e proprio. Il 29 gennaio 2016 è stata una data molto importante, si sono fuse queste due realtà, grazie a Lime5, motore pulsante e partner tecnologico in house, che offre competenze al mondo Enry’s Island.
Quali sono i punti critici da tenere sotto controllo per realizzare un business, per capire se state puntando su un cavallo vincente?
E’ molto interessante la domanda, perché troppo spesso si sottovaluta questo aspetto, visto che lo startup incubator non è un ente filantropico, non aiuta per il gusto di aiutare, ma aiuta perché crede di avere un fiuto nel business e nell’innovazione, per cui deve saper scremare le startup ad alto potenziale. E’ importante lo screening a monte. Noi abbiamo il monitoraggio dei KPI, indici di performance e dei punti critici, che variano a seconda del modello di business. Abbiamo un centro di AFC, Amministrazione, Finanza e Controllo, che dà il suo supporto analitico e di pianificazione e controllo, permettendo alla startup di capire come sta procedendo in termini di performance e ci indica dei potenziali correttivi. Riusciamo così a capire se sta aumentando il numero degli utenti rispetto alle prospettive. Una serie di indicatori di taglio economico e finanziario ci permettono di capire la produttività e tanti altri aspetti.
Ci parli dell’importanza del sodalizio nato con il prof. Michele Costabile, docente di Management e Marketing alla LUISS di Roma.
Da pochi mesi Michele Costabile è diventato Presidente di Enry’s Island. E’ un personaggio di primo livello in ambito nazionale, fino a pochi mesi fa era Presidente e Amministratore Delegato dei principali fondi di Venture Capital italiani, come Principia1, Principia2, Quantica. Lui ha visto nell’Isola una grande potenzialità e forza propulsiva. Con lui scremiamo con attenzione le startup per mantenere una diversificazione del nostro portfolio (8, massimo 10 startup), cercando di non avere duplicati. Come fosse un pacchetto azionario, offriamo ai nostri investitori titoli complementari e non ridondanti. Ci siamo conosciuti alla LUISS di Roma, nell’ambito della Business School, quando ho conseguito l’MBA, che mi ha dato una visione più ampia di quelli che sono i parametri del business. Ho continuato la mia carriera in multinazionali nel mondo – Automotive a San Francisco, nella Silicon Valley, a New York – ma poi ho lasciato la mia gabbia dorata a Times Square, nel cuore di Manhattan, per tornare in Italia, a Pescara, perché avevo bisogno di un altro contesto di vita, che l’Italia e pochi altri paesi sanno offrire.
Siete presenti in due sedi, a Dublino e a Pescara. Perché avete scelto Dublino, già “casa” di molte famose multinazionali?
Le sedi non sono soltanto due, nel senso che quelle più istituzionali sono a Dublino e a Pescara, ma stiamo lanciando proprio su Roma il Fab Lab, laboratorio in cui si crea innovazione fisica, dove ci occupiamo non solo di software ma anche di hardware. Un mese fa ero a Menlo Park, vicino San Francisco, nella Silicon Valley, per Luxalia.
Quali insegnamenti positivi ha tratto dalla sua esperienza lavorativa americana?
L’ecosistema americano è efficiente, ha una fertilità, una propensione al rischio antitetica a quella italiana. Tutto il sistema bancario e creditizio in Italia è totalmente avverso al rischio d’impresa, e questo blocca ovviamente l’innovazione. Invece negli Stati Uniti questo freno è inesistente: il capitalismo di ventura, che ha una componente di rischio, viene praticato con normalità e naturalezza. La propensione al rischio non deve essere cieca, ma effettuata con competenza e capacità di valutazione. Quindi serve maggiore propensione al rischio, perché l’innovazione lo pretende, per uscire dallo stallo della recessione economica in cui versiamo ormai da anni. Se dovessi condividere un insegnamento, sarebbe quello di cercare di lasciare un segno, di fare ciò che non è stato ancora visto.
Quali sono i progetti per il futuro di Enry’s Island riguardanti l’espansione territoriale?
L’espansione è travolgente, l’obiettivo per il 2016, oltre a consolidare e aumentare la visibilità di Enry’s Island e di accrescere il prestigio delle sue startup, è quello di chiudere il cerchio dei 3 elementi: idee, competenze, capitali. Stiamo valutando il lancio di un fondo di Venture Capital che ci posizionerebbe nel mercato mondiale degli startup incubator come uno dei pochissimi, se non l’unico esemplare al mondo autosufficiente. Avremmo in casa le idee, grazie ai nostri professionisti, le competenze, grazie a Lime5, e l’accesso diretto ai capitali, non più soltanto tramite la nostra rete di investitori. Visita il sito
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