Quando la politica non conta più: FMI chiama Spagna

È molto simile a noi ed ha vissuto un’Odissea simile che, però, pare destinata a protrarsi forse più a lungo e con maggior forza: è il caso della Spagna.

Una delle nazioni maggiormente colpite dalla bolla immobiliare e relativa crisi annessa cominciata ormai 5 anni fa, e che è ancora in lotta costante con le euro-istituzioni di Bruxelles.

Ed è per questo che oggi a Madrid, c’è stato l’importante incontro con i tecnici del Fondo Monetario Internazionale, recatisi per valutare le ultime riforme finanziarie del – criticato – Governo di Mariano Rajoy. Sulla carta, è da verificare come sono stati utilizzati i 100mila milioni di euro concessi nel luglio 2012 dall’UE per risanare i debiti del sistema bancario iberico. Secondo la Banca di Spagna, di quella cifra se ne è impiegata poco più della metà (circa 61mila milioni), esclusi gli appoggi ai privati per operazioni di ricapitalizzazione o ristrutturazione del debito. La Commissione Europea, però, sostiene che i nostri “cugini” sono da monitorare costantemente e da non perdere di vista. Così, nonostante la annunciata soddisfazione che si registra non solo dal Belgio ma anche da Francoforte e Washington, la Troika segue a tenere gli occhi bene aperti.
L’obiettivo di chiusura del deficit è però ritenuto assai importante ai piani alti dell’Europa, ed è per questo che – una volta più di altre – si è deciso di alzare la voce nei confronti del Governo spagnolo. In caso di insolvenza e di inconcludenza per quanto concerne la chiusura del fardello della procedura, sono state minacciate “misure di accompagnamento”, cui fortemente sono contrari i membri dell’esecutivo spagnolo. Un ennesimo atto di forza, di intimidazione, che potrebbe rendersi attivo e reale nel caso non si riesca a coprire il tetto del 6,5 nel rapporto con quel famoso indicatore lì chiamato PIB.

Tuttavia, non è propriamente la situazione bancaria quella che preoccupa di più gli economisti centrali. La maggiore incognita, sembra essere infatti assai simile a quella nostrana, quantomeno in termini tecnici: instabilità politica. Certo, da quelle parti non v’è nessun Berlusconi a minacciare la caduta del Governo in carica, infatti le grane sono di consistenza un po’ diversa e parlano un dialetto: il catalano. Se la regione di Barcellona riuscirà infatti ad ottenere la tanto conclamata ed attesa indipendenza, quasi sicuramente lascerebbe non solo l’euro, ma la stessa Unione Europea. Il Presidente del Parlamento catalano, Joan Rigol, d’accordo con partiti politici e istituzioni ha infatti già presentato il manifesto per il diritto di decidere sul futuro, mettendo in allarme Joaquin Almunia, Commissario Europeo per la Concorrenza attualmente in carica.
È così che mentre da noi il problema principale è la retroattività della Legge Severino, altrove si trovano mine ben più pericolose pronte ad esplodere nel burrascoso cammino collettivo europeo. Si riuscirà a disinnescarle in tempo?

di Mauro Agatone

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