Scivoloni a Cinque Stelle tra tweet e multe di 150mila euro
Stallo a cinque stelle: la rivoluzione penta stellata sembra aver subito una battuta d’arresto. Sondaggi in leggero calo ma a far discutere sono le querelle, gli hashtag che nell’ultimo periodo denotano un’inversione di tendenza rispetto ai capisaldi che da sempre contrassegnano l’offerta politica grillina.
Il caso Quarto è sicuramente uno degli elementi più indicativi di questo revirement. Rosa Capuozzo, classe 1970, è la sindaca grillina che ha sfidato la camorra, denunciandola pubblicamente per poi vedersi scaricare ex abrupto dal suo stesso partito con una richiesta di dimissioni, dopo che il Comune era stato travolto da un’inchiesta proprio per presunte infiltrazioni camorristiche: «Occorre essere ancor più esemplari, soprattutto a Quarto dove c’è il sospetto che alcuni voti fossero stati inquinati. Dobbiamo dare segnali forti, coraggiosi, in totale discontinuità rispetto a quelli dati dai partiti. Occorrono decisioni ferme per dimostrare che nessun infiltrato controllerà mai il M5S. E siamo pronti a tornare alle urne quando vi è il sospetto che qualcuno ci abbia provato. Noi siamo il M5S e l’esempio vale più di qualsiasi poltrona. Noi dobbiamo garantire il M5S tutto e per questa ragione chiediamo con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e far tornare ad elezioni Quarto», così riportato dal blog beppegrillo.it. Onestà la parola d’ordine ma molti hanno interpretato la scelta pentastellata come voltagabbana a conti fatti per salvare la faccia e insabbiare la faccenda. Una gestione discutibile, per stessa ammissione del Direttorio a cinque stelle che tra smentite e contro smentite invece di insabbiare ha finito per amplificare ulteriormente il clamore mediatico. A proposito di dietrofront, è Twitter stavolta il campo di battaglia: l’hashtag #dietrofrontM5S ha tappezzato il social più cinguettante del web dopo la scelta di Beppe Grillo di non assicurare più i voti del movimento al ddl Cirinnà pro Unioni Civili. Il fondatore parla di “libertà di coscienza” ai parlamentari sui temi etici sottraendo al voto della rete la possibilità di vincolare nel segreto dell’urna gli esponenti grillini
Exploit dentro e fuori, in poche ore l’hashtag #dietrofront entra in trend topic. L’accusamossa al M5S è quella di voler recuperare voti dall’area cattolica e destrorsa del Paese senza togliersi il piacere di tenere un po’ per il collo il Governo.
Dietrofront per diefront, l’ultimo scivolone grillo riguarda proprio i cambi di casacca, il trasformismo parlamentare un po’ gattopardesco che ha sempre contraddistinto la Repubblica e che i 5 Stelle vorrebbero multare a suon di 150 mila euro per ogni cambiamento di idea. È la Stampa a rivelarlo, venuta in possesso di un documento relativo alla campagna per la scelta del nuovo candidato sindaco di Roma. Si legge, infatti: «Il candidato accetta la quantificazione del danno d’immagine che subirà il M5S nel caso di violazioni dallo stesso poste in essere alle regole contenute nel presente codice e si impegna pertanto al versamento dell’importo di 150mila euro, non appena gli sia notificata formale contestazione a cura dello staff coordinato da Beppe Grillo e Gianroberto». Obbligo di firma per i candidati e in definitiva, pur nella sua impugnabilità giuridica, una bella pagina di democrazia al contrario.
D’altronde tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare ed anche per il Movimento 5 Stelle è arrivato il confronto con la realtà . La politica è “la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso” diceva Franz Litz; c’è chi però, a onor del vero, come Otto von Bismarck, padre costituente tedesco, parlava di “arte del possibile, scienza del relativo”… Vai a capire chi dei due avesse ragione!