Fare il blogger non è uno scherzo
Si comincia magari per gioco, per noia o per imitazione, come quando alle scuole medie, in piena fase adolescenziale, le future donne sentono il bisogno di esprimersi in quel luogo sicuro che è la scrittura, al riparo da sguardi che non possono capire. Ora il diario si è evoluto e fa parte a tutti gli effetti di quei meccanismi, che rientrano nella sfera della comunicazione pubblica, che però usano i codici del privato, un ‘privato pubblico’ che più pubblico non si può.
Il diario di rete, meglio conosciuto come blog, ha visto la sua diffusione alla fine degli anni ’90 per poi guadagnare popolarità nel 2000 anche nel Bel Paese. A distanza di più di un decennio possiamo affermare che è senza dubbio uno dei canali comunicativi più utilizzati sul web e su di esso abili scrittori, giornalisti e appassionati di una qualsivoglia materia, hanno costruito fortune a livello mediatico ed economico. A dispetto di tutti quelli che ne fanno un uso smodato per pubblicità o per lo sfrenato bisogno di urlare al mondo il proprio ego, un utilizzo sociale del blog è possibile.
Ce lo dimostra Veronica Picazzo, blogger Piemontese, appena diciottenne che ha appeso al chiodo le frivolezze, che giustamente la sua età meriterebbe, e ha dedicato il suo tempo e le sue energie alla creazione di una rete comunicativa al servizio delle donne. Il suo sito in poco tempo è riuscito a mettere in contatto donne in difficoltà con esperti, giuristi, psicologi ma anche semplicemente con chi sa e vuole ascoltarle. Il suo blog ci racconta molte storie diverse ma soprattutto ci ricorda che, nonostante le difficoltà politiche, legislative e sociali, aiutare e farsi aiutare è possibile. Capiamo in che modo.
{ads1}
Come è nata l’idea di aprire il blog ‘Quelle come noi’ e quando?
Da circa un anno. Il primo approccio con questo argomento è stato raccogliere informazioni, leggendo testi e cercando in rete, che è un modo sicuramente semplice e veloce per documentarsi e per andare oltre le notizie di cronaca riportate dalla televisione. In un certo senso è anche pericoloso. Si possono incontrare persone brutte ma fortunatamente ne ho incontrate molte disposte a confrontarsi e sono nate anche delle amicizie.
Magari già in molti ti avranno posto la stessa domanda: non hai avuto timore nel confrontarti con una realtà così grande vista la tua giovane età?
Non mi sono preoccupata molto di questo né della credibilità che potesse avere un’iniziativa partita dal basso. Ora si è creata una rete. Noi ci crediamo e poi è stata una specie di terapia anche per me stessa. Interagire con le persone mi ha aiutato ad aprirmi, all’inizio ero più timida. La prima volta ho parlato di questi argomenti scrivendo due articoli per il giornalino della scuola e la difficoltà maggiore è stata portare alla luce la questione delle violenze in un ambiente, quello scolastico, dove non se ne parla o se ne parla poco. Ho come l’impressione che chi lo fa non sia visto di buon occhio.
Visto che sei all’ultimo anno di liceo puoi dirci, per esperienza personale, come nell’ambiente scolastico si affrontano questi temi, dato che, alla luce dei recenti dibattiti, l’educazione è alla base del cambiamento culturale tanto auspicato.
A scuola non se ne parla. Le iniziative reali sono poche e sicuramente è la concezione alla base del fenomeno che va cambiata. Io vedo ancora poco interesse. I problemi sono molti ma sicuramente la giustizia è il primo. Una donna abusata o che si trova in una situazione a rischio è una pratica da sbrigare. Senza sensibilità. Almeno così la vedo io.
Sarebbe stato molto più semplice confrontarti con gli stereotipi o coltivare gli hobbies delle tue coetanee, immagino. Cosa ti ha spinto ad impegnarti in prima persona?
É vero. La maggior parte delle adolescenti di oggi ha tutt’altro tipo di stereotipi. Ma mi annoiavano. Esistono blog di smalti e rossetti ma cose simili non mi appassionano. Aver creato questa rete, mi fa sentire utile e come ho già detto mi fa stare bene con me stessa e con le altre persone. Adesso ho contatti con gente che prima non conoscevo, che mi chiede informazioni e che mi telefona. L’obiettivo dell’iniziativa era aiutare la gente e spero di farlo.
Come ti vedi tra dieci anni?
Ancora non lo so di preciso. Mi piace la psicologia e vorrei studiarla in futuro. Poi mi piacerebbe fare volontariato in un centro antiviolenza. Vedremo.
Complimenti.
di Maria Chiara Pierbattista