Internet delle emozioni: la nuova frontiera

Internet delle emozioni, dopo l’ Internet of things è ora questa la nuova frontiera tecnologica :

grazie ad un complesso sistema di algoritmi capaci di interpretare le micro-espressioni del volto e  di rilevare i naturali cambiamenti fisiologici, che avvengono nel corpo umano nel momento cui proviamo un emozione, come la frequenza del battito cardiaco, la temperatura o il tono della voce e la sudorazione, saranno presto disponibili software e device non solo in grado di comunicare con noi, ma capaci anche di interpretare  le nostre emozioni ed i sentimenti umani, per darci suggerimenti su misura non solo basati sui nostri comportamenti di consumo, come già avviene in realtà da tempo coi cookies ed altre tecnologie di profilazione, ma stavolta basati su una efficace interpretazione degli stati d ‘animo umani.

Con l’ internet delle emozioni siamo quindi prossimi forse ad uno scenario, come quello descritto nel film di Spike Jones(premio Oscar 2013)

” Her”, dove un  sistema operativo senziente, provvisto d’ intelligenza artificiale, in grado perfino di apprendere ed elaborare emozioni, rivoluziona inaspettatamente il rapporto uomo-tecnologia, facendo persino innamorare il suo utilizzatore??

Forse non siamo tanto lontani da questo futuro: la tecnologia per rilevare le emozioni già esiste ed è già in mano a grandi player del settore IT come Apple per esempio ha recentemente acquisito  Emotient un’azienda all’ avanguardia nelle tecnologie di emotion detection e sentiment analysis basata sul rilevamento delle espressioni facciali.La stessa Apple, lo scorso ottobre, ha acquisito  anche un’altra startup : VocalIQ, che aiuta i computer a comprendere il linguaggio umano in modo autonomo. Lo scopo finale in apparenza dovrebbe essere:migliorare l’interazione uomo macchina.

Anche Google e Facebook sono molto interessate all’ internet delle emozioni e stanno facendo molta ricerca in questo ambito.Facebook per esempio ha affidato ad un pool di specialisti una ricerca tecnologica interna focalizzata sul deep learning: architettare sistemi, basati sull’imitazione del funzionamento basilare delle cellule neurali, per scoprire i segreti dei contenuti che pubblichiamo online sui socialnetwork. Queste ricerche dovranno mettere a punto un meccanismo in grado di andare oltre i riconoscimenti facciali o l’analisi dello spam e lanciarsi alla ricerca e alla catalogazione di emozioni o eventi descritti nei post degli utenti, anche se quelle sensazioni, quei luoghi o quei fatti non sono esplicitamente citati. Algoritmi abili anche a riconoscere oggetti all’interno delle foto tutto questo per ottenere risultati più pertinenti e vendere annunci pubblicitari ancora più mirate quindi più redditizie.

Ciò ci fa compredere che questa attenzione per le emozioni umane non è priva di malizia, e l’ internet delle emozioni nasconde ovvi secondi fini di marketing: se con l’ internet of things lo scopo era anche la tracciabilità degli oggetti anche dopo l’ acquisto e la loro interoperabilità con il grande vantaggio di poter collezionare moltissimi dati sulle modalità di uso e di consumo degli utenti finali, a fini commerciali e riuscendo così ad ottenere un’offerta di prodotti sempre più personalizzata, con l’internet delle emozioni sono adesso le stesse persone ad essere analizzate e monitorate, per offrire loro il prodotto giusto al momento giusto.

Immaginiamo una sorta di maggiordomo virtuale, una Siri o un Al di Odissea 2001, che vedendoci un po’ abbattuti ci mandi dal medico o ci metta il nostro disco preferito per tirarci su di morale, o che lentamente ci persuada a comprare quella bella decapottabile per sentirci più giovani o ci iscriva a tennis perchè sa quanto ci siamo emozionati tifando agli Us Open… e se si arrivasse a suscitare certe emozioni per ottenerne un vantaggio economico o di altro tipo? Se la “nostra dolce Siri” ci stressasse appositamente per vendere più xanax?

 Che fine farebbe la nostra privacy? E la nostra libertà di scelta?

La discussione etica sul tema della privacy e sull’uso manipolatorio che di queste tecnologie potrebbe essere fatto sugli ignari consumatori, ruota attorno a quesiti come questi e accende il dibattito tra gli esperti di Internet.

“E’ esattamente quello che hanno sempre cercato di fare i pubblicitari: manipolarci e spingerci a all’ acquisto,l’internet of emotions  aumenterà la loro capacità di comprendere noi ed i nostri comportamenti ad un livello di profondità che nemmeno noi stessi saremo in grado di fare” ha dichiarato lo scrittore esperto di interazione uomo-macchina, John Markoff sulle pagine del New York Times.

John Havens esperto di intelligenza artificiale, su “Mashable” fa altre interessanti riflessioni sui limiti e le possibili conseguenze dell’ Internet delle emozioni:”i sentimenti non sono personalizzabili, chi deciderà che cosa è triste e che cosa no? Gli investitori pubblicitari? Il vero problema è che le macchine e gli algoritmi non saranno in grado di provare emozioni, ma solo di emularle per far sì che la loro interazione con gli esseri umani dia una risposta positiva. In altre parole, che ne manipoli il comportamento.”

Questo secondo Havens significa che se le aziende non vogliono perdere i milioni di dollari investiti in queste controverse ricerche, bisognerà trovare il modo di insegnare alle macchine il senso dei nostri comportamenti, e  gli algoritmi di analisi per funzionare, dovranno essere tarati sui valori individuali di ogni persona che intendano analizzare, cosa che attualmente è ancora fantascienza.

Tuttavia la questione principale è quella della tutela della privacy, poichè si tratterà di aprire letteralmente il nostro cuore alle aziende, rivelando la parte più intima di noi stessi agli inserzionisti, non solo se una cosa ci piace o no, ma come effettivamente quel prodotto o idea ci fa sentire   (un po’ l’evoluzione di quello che Zuckerberg cerca attualmente di fare con i nuovi pulsanti di gradimento, che verranno presto inseriti accanto al classico” like”, ma qui si va ben oltre, perchè si tratta di un monitoraggio del tutto inconsapevole). Cosa dovranno fare le aziende per ottenere un livello tale di fiducia nei consumatori? Come potranno ottenere il nostro consenso?

Secondo Rob High (IBM): “I sistemi d’ intelligenza emotiva dovranno essere totalmente trasparenti su come ragionano”. Cisco e altri stanno già immaginano la realizzazione di strumenti che si comportino come una sorta di assistente personale digitale, che si occuperà di garantire la privacy e darci il controllo completo sui  nostri dati vigilando sulla nostra privacy e bloccando le richieste improprie a favore di informazioni che possiamo veramente ritenere interessanti come già accade con servizi pioneristici come DataCoup o digi.me che aiutano gli utenti a scoprire quali informazioni sul loro conto snon nella rete e a bloccarle o venderle direttamente a fini di lucro.

La conclusione di Havens è che se proprio internet delle emozioni deve essere, bisognerà investire molto in ricerca per far sì che gli utenti consumatori abbiano piena libertà di esprimere i loro desideri e le loro emozioni in prima persona, in modo che non siano le aziende o i pubblicitari ad imporci le loro scelte, occorrerà quindi che le macchine sappiano comprendere a fondo,conoscere e classificare il senso dei comportamenti ed i bisogni individuali e tutelare infine la privacy di ognuno affinchè la libertà venga tutelata e non sia la tecnologia a decidere i nostri gusti o cosa vogliamo.

Ma quali saranno poi le reali conseguenze per un’umanità circondata da macchine intelligenti e senzienti in mano a grandi multinazionali, che sappiano capire, conoscere e manipolare tutti i nostri più intimi segreti? Ce lo dirà il futuro probabilmente, ma a guardare i racconti di fantascienza nulla di buono…