I Ministeri e il fondo per l’occupazione pagano l’addio all’Imu
Dal coro bipartisan che inneggiava compiaciuto alla manovra di abolizione dell’Imu comincia a levarsi qualche voce stonata. Il tempo di fregiarsi di aver abolito l’imposta e di aver fatto contenti i cittadini è già finito: servito il dolce arriva il conto da pagare ed è salato: tagli da quasi un miliardo ai ministeri e da 250 milioni al fondo per l’occupazione.
Che la risata per la scomparsa dell’imposta sulla prima casa sarebbe stata breve e avrebbe lasciato le lacrime agli occhi era fin troppo facile prevederlo ma il governo con Letta da una parte e Alfano dall’altra ha provato a rassicurare i due fronti dell’elettorato. Alfano aveva esultato parlando di legge tax free ma, a patto di non essere ingenui del tutto, era chiaro che andare a coprire un buco di oltre 4 miliardi per un solo anno in una fase tanto drammatica dal punto di vista economico è decisamente complicato e necessariamente doloroso. A ogni modo non c’è spazio per ipotizzare oltre, il piano dei tagli è già arrivato insieme al decreto di abolizione dell’Imu. La sentenza è implacabile: i tagli che si abbattono sui ministeri ammontano a 975,8 milioni di euro, che si traducono in una sforbiciata ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi e in una mannaia che tronca 35 autorizzazioni di spesa.
Il Ministero più colpito è quello della Difesa. Si riducono i fondi per le assunzioni per la sicurezza, vigili del fuoco e forze armate, e questo ha indispettito Maurizio Gasparri (Pdl), che ha dichiarato: «In Parlamento dobbiamo cancellare assolutamente ogni tipo di riduzione alle spese per la sicurezza». Dove allora bisogni andare a pescare le entrate necessarie per una manovra che proprio il Pdl ha voluto non è dato saperlo. Il Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza dal canto suo rimarca fiero che il MIUR è stato l’unico ministero a non aver contribuito alla spending review per la copertura dell’IMU, anche se probabilmente ciò dipende dal fatto che tagliare ancora sull’istruzione pubblica già ridotta all’osso era pragmaticamente impossibile.
Spariscono 20 milioni dalle risorse stanziate nel 2003 per le assunzioni di nuovi ispettori finalizzate alla lotta all’evasione e si riduce di 10 milioni il fondo per incentivare la mobilità e le trasferte del personale impiegato per contrastare il lavoro nero, il gioco illegale e le frodi fiscali. Il colpo più grosso lo subisce il sistema di infrastruttura ferroviaria, che vede sparirgli da sotto il naso 300 milioni destinati a manutenzione e investimenti per la rete. Se tutto questo poteva essere prevedibile per i meno sprovveduti, c’è invece un punto scoperto e doloroso. Proprio quando la disoccupazione giovanile sale pericolosamente al 39,5% ecco che vengono tolti 250 milioni al fondo per l’occupazione. A tal proposito ha detto il segretario della CGIL Susanna Camusso: «Noi crediamo che la mediazione che ha raggiunto il governo sia una mediazione che fa pagare un prezzo di nuovo al lavoro perché si dedicano tante risorse a proteggere redditi che non hanno bisogno di protezione e non si interviene invece a sostenere quelli che sono più massacrati da questa lunga stagione». Ma non è finita qui. Un preoccupato sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ricorda che vanno trovati ulteriori 4 miliardi nel prossimo mese. Uno scenario non proprio da applausi e sorrisi.
di Francesca De Leonardis