Caso Paolo Rindi: proseguono le ricerche nel parco Val Grande

Un breve messaggio, una firma sul registro al bivacco di Pian di Boit, e poi il silenzio: queste le uniche informazioni che trapelano dalle operazioni di ricerca sul caso Paolo Rindi, l’escursionista diciannovenne di Varese scomparso, dal 31 gennaio, nel vasto parco Nazionale Val Grande, situato tra l’Ossola e il Verbano.

Il ragazzo, partito venerdì da Piancavallo per esplorare le bellezze di una delle aree più selvagge d’Italia, aveva inviato, sempre domenica 31, un sms alla madre, nel quale comunicava il suo rientro, anticipato a martedì 2 febbraio alle ore 15 presso il parcheggio Cicogna del comune di Cossogno, punto di ritrovo per gli escursionisti in partenza. A nulla sono servite le attese del genitore che, preoccupata per non aver visto arrivare il figlio, ha lanciato l’allarme nella mattinata del 3 febbraio scorso. Subito si sono mobilitate le squadre del pronto soccorso alpino della X delegazione Valdossola e quelle della guardia di finanza che, dopo un’intensa giornata passata a perlustrare la zona con l’ausilio di tre elicotteri, hanno deciso di sospendere le ricerche, per poi riprendere la mattina di giovedì, alle 8 del mattino.

Stando alle ultime notizie dei soccorritori, nel registro al bivacco di Pian di Boit, (unica testimonianza del passaggio di Rindi tra la notte di sabato e la mattina di domenica), spiccano due nomi, Alessandro e Gregor, due escursionisti che hanno incontrato il diciannovenne. Ai due ragazzi, l’escursionista di Varese era parso in buona salute, anche se molto stanco e a corto di viveri.

Non è da escludere, quindi, l’ipotesi che Paolo Rindi, nonostante tutta la sua competenza in materia – ha trascorso, recentemente, da solo un mese tra i borghi della Norvegia -, non sia riuscito a finire l’esclusione nei tempi prestabiliti e abbia prolungato la gita, posticipando il rientro a casa.

Twitter: @VerBisconti

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