India e Cina: due casi di apertura verso la comunità LGBT
Mentre al Senato Italiano si discute sulle Unioni Civili, e in particolare sulla stepchild adoption, vale a dire l’estensione della responsabilità genitoriale sul figlio del partner, due Paesi asiatici sembrano aprirsi verso la comunità Lgbt.
Il primo è l’India, dove la Corte Suprema ha accettato di riesaminare la legge che vieta l’omosessualità. I giudici indiani hanno accolto il ricorso presentato contro una sentenza della stessa Corte che nel 2013 aveva sancito la costituzionalità dell’articolo 377 del Codice Penale, che prevede pene detentive fino a 10 anni di carcere. La Corte aveva di fatto reintrodotto il reato di omosessualità, depenalizzato dall’Alta Corte di New Dehli nel 2009: i giudici avevano stabilito che fosse il Parlamento a dover modificare la legge inadeguata e che un’abrogazione della legge era di competenza del legislatore e non di un tribunale. Fino ad un’opportuna iniziativa parlamentare, quindi, l’articolo doveva considerarsi legale. Questa legge, che considera l’omosessualità un reato, è fortemente criticata da tutte le associazioni di difesa dei diritti umani, indiani e internazionali. Il caso sarà affidato a una giuria di cinque giudici presieduta dal presidente TS Thakur. La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dalla comunità Lgbt e da Naz Foundation, l’associazione non governativa che aveva presentato una “curative petition”, l’ultimo strumento legale per rovesciare una decisione della massima istituzione giudiziaria indiana.
Il secondo Paese a compiere un passo in avanti sulla strada dei diritti della comunità Lgbt è la Cina. Per la prima volta, infatti, la giustizia cinese ha accettato di ascoltare il caso di una coppia gay alla quale è negata la possibilità di sposarsi. Si tratta di due ragazzi, Sun Wenlin di 27 anni e Hu Mingliang di 37 anni. I fidanzati hanno presentato un esposto contro l’ufficio affari civili della loro città, dopo che il funzionario si è rifiutato di registrare il loro matrimonio. Il 5 gennaio il tribunale di Changsha ha comunicato la decisione di ascoltare in udienza pubblica il caso di Sun e Hu contro l’ufficio affari civili. La notizia è stata ripresa da molti media cinesi ma anche da molti giornali internazionali, visto che si tratta del primo caso legale in Cina in difesa dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Il percorso per ottenere udienza non è stato affatto facile. Il primo avvocato assoldato si è tirato indietro quando ha cominciato a ricevere pressioni. La coppia è riuscita a trovare un secondo legale che prendesse a cuore il caso, ma poco dopo ha ricevuto la visita di alcuni poliziotti decisi a scoraggiarla. I due ragazzi non si sono fatti intimidire e la prima udienza è stata fissata per il 26 gennaio. n seguito, però, è stata rinviata a data da stabilirsi.
La società cinese è ancora abbastanza conservatrice sul piano sociale e gli omosessuali vivono una condizione di continua discriminazione. Oggi, i problemi maggiori sono rappresentati dalle famiglie, anche se nelle grandi città viene vissuta più liberamente. Senza dubbio, l’azione dei due ragazzi rappresenta un passo in avanti per la società e la giustizia cinese, che va nella stessa direzione della discussione sulla legittimità dell’articolo 377 del Codice Penale indiano.