Alessandro Preziosi seduce Roma con il suo Don Giovanni

Don Giovanni di Molière, interpretato e diretto da Alessandro Preziosi, torna in tour a febbraio al Teatro Quirino di Roma. Dal 2 al 14 Febbraio, sarà possibile assistere a questo Don Giovanni, insolito ed innovativo che aveva già affascinato il pubblico italiano l’anno scorso.

Definito dallo stesso regista “post moderno e cinematografico”, il Don Giovanni di Preziosi compie un’operazione abbastanza ardita, ma efficace, cercando con successo di portare ad un pubblico più vasto e possibilmente più giovane, la grande attualità di un testo che più che sulla seduzione è incentrato sul potere e sulla spietata critica dell’ ipocrisia di un’ epoca decadente il ‘600, in cui oggi come ieri possiamo anche noi riconoscere le contraddizioni, le ansie e la perdita di una dirittura morale, tipiche anche della nostra contemporaneità. In una scenografia molto tecnologica ed essenziale ottenuta da Fabien Iliou con delle proiezioni multimediali di grande effetto e che ricorda i quadri de Chirico, Don Giovanni e gli altri personaggi sembrano a tratti come automi ritagliati da quadri della loro epoca. Preziosi ha infatti dichiarato:«Sì, ci sono proiezioni multimediali, geometrie metafisiche, videoclip in stile impressionista. Ho voluto avvicinare i giovani ai classici, ma anche creare un effetto estetizzante, come se Don Giovanni e gli altri personaggi fossero ritagliati da quadri della loro epoca, il Seicento, e diventassero reali, surreali, per lo spettatore». Il Don Giovanni di Molière in questa rilettura non è un banale casanova da strapazzo, che colleziona le donne per un edonistico piacere, ma nel rispetto delle intenzioni di Moliere questo personaggio svela qui una fortissima volontà di potenza, un desiderio di affermazione dell’IO che nasce da un vuoto interiore, frutto di un misto di noia per l’esistenza umana, perdita senso e timore di fallimento. Don Giovanni infatti è soprattutto un manipolatore: seduce indiscriminatamente con la sua personalità uomini e donne, usando la parola come un grimaldello, un’arma per spezzare la volontà e le convinzioni dei benpensanti solo per rovesciare ogni regola e ridicolizzare qualsiasi limite etico, riuscendo così a prendersi gioco di tutti, persino di Dio.

Ne sono un esempio gli scambi continui con il fedele servo Sganarello, interpretato qui dal bravissimo Nando Paone, che lo invitano a riprendere bonariamente la retta via, il quale però non riesce veramente a controbattere e viene sempre piegato dai geniali sofismi del suo padrone (quando non dalle sue minacce); ne è un esempio il fatto che si burli delle povere Maturina e Carlotta che nonostante tutto lottano per lui e travolte da un gioco di bugie, non capiscono di essere entrambe vittime, di un inganno che nulla ha a che fare con l’amore. Niente, nemmeno il padre o i fantasmi riescono ad ostacolare il sadico “divertimento” di Don Giovanni. Nel suo assoluto cinismo Don Giovanni trionfa proprio nello svelare la maschera ipocrita della società incarnando i cattivi pensieri e le ipocrisie del mondo in cui viviamo. Ma la sua condotta non è percorso privo di conseguenze, ed il suo cinismo e la sua superficialità lo condurranno ad un inevitabile autodistruzione. Il vero peccato di Don Giovanni però non sta nel vivere al di sopra delle regole o nel suo essere amorale, perché è uomo dei suoi tempi e così vive, ma nel pensare che a causa del suo status come con la giustizia terrena, egli possa scamparla sempre anche con quella ultraterrena.

In una società corrotta che gli permette di vivere oltre ogni legge divina o umana, la sua unica forma di redenzione non è quindi la misericordia, perché per lui non c’è Dio, ma le sole fiamme ultraterrene possono liberarlo e avviare la catarsi finale del pubblico che trova in Don Giovanni il suo capro espiatorio. Sarebbe fuori luogo in questo quadro pensare pertanto a un parellelismo tra Don Giovanni e il Preziosi seduttore televisivo che abbiamo conosciuto al cinema o sulle riviste patinate.

Don Giovanni Don Giovanni non è Casanova e Alessandro Preziosi non è a teatro il “belloccio cinematografico” che forse pensate, mettendo in chiaro da subito di essere molto di più, sfoderando tutto il suo talento di attore e regista. Preziosi tira fuori un notevole approfondimento psicologico sul suo personaggio, che acquisisce un maggiore spessore e significato, anche grazie all’ adattamento di Tommaso Mattei che ha curato la traduzione e l’allestimento di quest’opera. Il protagonista è decadente, al principio un farfallone, sciocco e annoiato; un damerino dissacrante e volutamente vuoto, incipriato eccessivamente ed apparentemente inutile, innamorato di sè al punto da sfiorare il ridicolo, e d’accordo con le intenzioni del regista, scarsamente seduttivo sul piano erotico, perché senza cuore ed incapace di qualsiasi vero slancio emotivo tranne che nella conquista, sua unica ragion d’essere. Così di atto in atto poi il Preziosi-Don Giovanni evolve, traducendosi infine in una figura profondamente tragica e spietata, in un crescendo di crudeltà e tormento, rivelando un volto profondamente malvagio, cinico e inquietante. Lo affiancano un cast di valenti interpreti: Lucrezia Guidone, Maria Celeste Sellitto, Roberto Manzi, Daniele Paoloni, Daniela Vitale, Matteo Guma, su tutti però spicca Nando Paone nel ruolo brillante di Sganarello, che sin dalle prime battute mostra grande carisma e bravura, reggendo perfettamente la scena da solo, con un ritmo un’ intelligenza ed un’ ironia unici, che ben gli valgono il ruolo del coprotagonista a tutti gli effetti.

 

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