Ombrelloni, una sit-com in costume

“Ombrelloni” è la prima sit-com italiana in costume, da bagno. In onda dal 29 aprile su Rai Due, dal lunedì al venerdì alle 21, questa serie era stata presentata come una rassegna degli stereotipi della vita da spiaggia, in uno stabilimento italiano qualsiasi.

Stereotipi, spiaggia, italiano. Tre parole che hanno subito fatto pensare ad un azzardato revival di vecchi film, come “L’Ombrellone” di Dino Risi. Poi arriva il trailer. «Renata, la suocera infame; sua figlia Mara, la iena da spiaggia; Giacomo, il genero sfigato; Flavia, l’ambientalista assassina; e i suoi due amici Sandro, il rimorchiatutto e Luca, il nerd innamorato; e poi Franco, il coatto con il suv; sua moglie Laura, la gossippara; e Giada, la bambina che ha visto tutto».

Gli stereotipi ci sono e anche la percezione di una rassegna di sketch alla “Zelig” o alla “Colorado Cafè”. La sit-com, dopo tutto, ha la durata di sette minuti per puntata e sembra prestarsi perfettamente al genere cabarettistico. Anche l’idea di trasmetterlo contemporaneamente su Rai.tv come una serie web, suggerisce il progetto di un format indirizzato ai giovanissimi più che ad un pubblico ricercato, capace di cogliere eventuali collegamenti culturali. Messo da parte Risi, rimane la fiducia di nomi come Luca Manzi, già ideatore della serie tv “Boris” divenuta un vero cult. Accanto a Manzi c’è Pierluigi Colantoni, una produzione Rai Fiction, la regia di Riccardo Grandi, che ha diretto “Tutto l’amore del mondo” con Nicolas Vaporidis, e la partecipazione creativa, oltre che attoriale, di Michela Andreozzi, conosciuta a Colorado come la presidentessa dell’associazione “Naturalmente belle”. I presupposti per un buon programma, un “esperimento” così come l’ha proposto la Rai, rimangono. Ma ecco la prima puntata. Non è l’ambientazione statica la prima pecca a balzare agli occhi, ma il continuo movimento di macchina quando viene inquadrato un attore. Un andirivieni tale da distrarre l’attenzione per domandarsi il perché di questa scelta registica. Una volta ripresi dal mal di mare, un altro elemento svia la concentrazione sui dialoghi in corso: un product placement massiccio, a cui diversi programmi televisivi ormai ci hanno abituato. Magnum Algida sui tavolini, Algida sull’ombrellone, Algida sul contenitore dei rifiuti. Dai gelati ai personaggi. Il botta e risposta è veloce e dinamico, probabilmente per non soffermarsi sul triste effetto che provocano le battute, fin troppo banali data la generalizzazione dei cliché umani scelti. Così Mara, dal momento che fa la pr per un politico, deve a nascondere la verità: «dite che l’onorevole conosce il boss perché hanno fatto la comunione insieme». Franco, il burino tifono della Roma che pensa all’apparenza, difende il suo suv ammettendo che «un uomo si riconosce dalla circonferenza del cerchione», mentre la moglie che legge solo riviste gossip adora Barbara D’Urso e Maria De Filippi. Renata, la suocera all’italiana, non può far altro che mettere i bastoni tra le ruote al povero genero, mentre Flavia è contesa da due amici.

«Abbiamo insistito soprattutto sui difetti. La società italiana, più di altre, è strutturata per etichette: dottore, notaio, commendatore… Quando invece si indossa il costume da bagno si va oltre il ceto sociale. L’italianità è messa a nudo nella sua essenza divertente e al tempo stesso spaventosa», ha commentato Grandi. Se, in alcuni casi, la scelta dei personaggi e la critica a certe tipologie sociali è coerente con l’idea del programma, ciò che manca è proprio la sostanza dei dialoghi, che non colpiscono. Ancora una volta, serie prodotte solo per il web, come “Bagnini”, confermano una maggiore riuscita rispetto ai prodotti della tv generalista. A ringiovanire il pubblico Rai non è sufficiente neanche l’invito al pubblico ad interagire con la sit-com, inviando i video più divertenti registrati sotto l’ombrellone. Coprendo tutta la stagione estiva, l’esperimento “Ombrelloni” termina il 6 settembre.

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