Master Max, scrivere con l’anima e l’inchiostro
Un’infanzia vissuta sulle note del rap. Una scrittura che non prevede cancellature. Una passione per i tatuaggi che si fonde con l’amore per la musica. Questo è ciò che si cela dietro Massimiliano Calisti, in arte Master Max. In molti l’hanno conosciuto nel 2011 per il brano Settembre, un vero e proprio tormentone ascoltato da tutti i ragazzi su quello che allora si chiamava ipod. A distanza di cinque anni, e con due cd alle spalle, il suo amore per la musica è rimasto invariato, ma gli ostacoli da affrontare per un giovane artista emergente come lui, invece, si sono moltiplicati: “La mia vita mi mette sempre il freno a mano: è difficile autoprodursi ed essere il manager di se stessi”. Nonostante tutto, Master Max è deciso a conquistarsi un posto nel panorama musicale del rap e con il progetto Mastercypher è davvero pronto a mettersi in gioco!
Possiamo dire che sei esploso nel 2011 con il brano Settembre. Ma in realtà quando sei nato come rapper?
Nel mio background musicale c’è sempre stato il rap: mia madre lo ascoltava, e in macchina non mancava mai un cd degli Articolo 31 o dei Sottono. Dopo aver visto il film “8 Mile” ho capito cosa mi sarebbe piaciuto diventare nella vita. A 14 anni ho iniziato scrivendo poesie, e al liceo con due amici abbiamo registrato nella camera i primi cd, pubblicizzandoli a scuola.
Poi, cinque anni fa, è uscito il brano “Settembre”: una bomba che mi è esplosa in mano. Il pezzo era stato scritto durante l’estate di quell’anno: le parole raccontavano proprio di quello che io e miei amici avevamo vissuto. Avevo elaborato tutte quelle informazioni e sentivo l’esigenza di riportarle su carta.
Parli di “una bomba che ti è esplosa in mano”, perché hai scelto questa definizione?
A 22 anni mi sono trovato improvvisamente con un pezzo che veniva ascoltato da chiunque; giravo per strada e c’era chi mi fermava. Non avevo un cd da lanciare e non sapevo come affrontare tutto questo sia dal punto di vista musicale che psicologico. A distanza di quasi un anno sono riuscito a pubblicare il disco “Amore & Diamanti”, e il brano “Cenere” è andato piuttosto bene: in quest’occasione, però, ho capito che le persone più che apprezzare me e la mia musica si appassionavano ai singoli brani, perciò un buon successo in un pezzo non significava che avrebbero ascoltato tutto il cd. Ero quasi arrivato in cima, ma ho dovuto fare dieci passi indietro, ed è stato difficile.
Come hai vissuto questa situazione?
Stavo assorbendo, in piccola parte, tutte le sensazioni che un cantante famoso può vivere: il successo, poi i momenti down; prima la gente che ti acclama e il giorno dopo nessuno sa più chi sei. È una sensazione pesantissima e se non sai stare con i piedi per terra perdi l’equilibrio.
Che rapporto hai con la scrittura?
Scrivo per necessità, ma in questo sono un po’ atipico. Non mi metto davanti al foglio tutti i giorni in cerca dell’estro. Passo anche intere settimane senza dedicarmi alla scrittura: non scrivo per buttare, è raro che io scarti qualcosa, è più forte di me. Se impugno la penna ed esce un testo, lo registro e lo pubblico. Arrivano quei giorni in cui improvvisamente nella mia mente si susseguono tutte le parole e le riporto nero su bianco. Sono molto autobiografico. A liceo capitava che alcune mattine mi svegliassi per andare a scuola e rimanessi bloccato sulla scrivania perché arrivava l’ispirazione. Sono un rapper particolare: solitamente si compone prima la base e poi si costruisce sopra il testo, io invece ho in mente, fin da subito, la metrica.
Il mercato discografico attuale richiede una produzione di brani continua. Dopo l’album Amore & Diamanti tu invece hai “tirato il freno a mano”.
L’album ha avuto una buona risonanza e il feedback degli ascoltatori è stato positivo. A quel punto, ero pronto per far uscire nuovi pezzi e “Antieroi” – pubblicato successivamente – era uno di questi. Purtroppo ho avuto dei problemi con alcune collaborazioni che hanno rallentato tutto il lavoro, finché mi sono bloccato. I pezzi, però, sono pronti nel cassetto e sto scalpitando per farli uscire.
Nel frattempo, da poco più di due mesi, stai condividendo dei mini-brani sul tuo canale Youtube tramite il format Mastercypher. Com’è nata questa idea?
Mastercypher nasce sulla falsa riga della nuova evoluzione del rap che vede dei mini-video su Facebook accompagnare l’uscita di un progetto. In realtà, nel mio caso, non c’è una cd in fase di pubblicazione, anche se, se fosse per me, lo farei uscire domani. La mia vita mi mette sempre il freno a mano: è difficile autoprodursi ed essere il manager di se stessi. Quel che so è che si tratterà di un “Amore & Diamanti” 2.0, una sorta di mixtape con basi edite.
Il sound in Mastercypher è diverso da quello dei brani che hai precedentemente lanciato.
Effettivamente c’è stato un cambio di sonorità. Mi sto concentrando principalmente sul punk-rock, un genere in cui mi rispecchio di più perché risente dell’influenza che i gruppi punk e gli Articolo 31 hanno esercitato, fin da bambino, su di me. È un genere più particolare che si distacca dalle ultime tendenze ed è qualcosa che preferisco.
Molti rapper scelgono di collaborare con interpreti femminili con il fine di lanciare dei veri e propri tormentoni. Tu sei d’accordo con queste contaminazioni di generi?
Assolutamente sì. Mi piacerebbe fare delle collaborazioni e, in realtà, non sarebbe neanche la prima volta per me!
A quali artiste ti piacerebbe far cantare un ipotetico ritornello di una tua canzone?
Sicuramente tra i primi nomi ci sarebbero quelli di Noemi, Syria e Nina Zilli, che apprezzo particolarmente!
Il rap, da qualche anno, soprattutto grazie ai talent, dalla strada è approdato in tv. Hai mai preso in considerazione di poter partecipare a uno di questi programmi televisivi?
Sì, non mi tirerei indietro se ne avessi l’occasione. Credo sia positivo affrontare un’esperienza del genere, ma ritengo sia utile solo quando alle spalle si ha già un seguito, una fanbase. Se non hai tutto questo finisci per esporti ad una serie di fattori a cui non sei pronto. La famosa gavetta è fondamentale, senza, dopo un iniziale successo, svanisci nel nulla.
Dovendo scegliere, in quale concorreresti?
Come modus operandi è più bello Amici, c’è più libertà di azione. Ma per il format preferisco X-Factor: l’ambiente mi stimola di più, è quasi d’elite, mentre Amici è mainstream.