Roma: cosa si cela dietro il nome di una via
Verrebbe proprio da dire “che vie strane”! Per quanto riguarda Roma i toponimi utilizzati fino alla prima metà del XVIII secolo erano di origine popolare e per lo più legati alla presenza di chiese, botteghe, monumenti, osterie o ad una componente naturalistica del luogo, come ad esempio Campo de’ Fiori, Via del Boschetto o Via della Fiumara. Era inoltre possibile che gli stessi luoghi presentassero più denominazioni e che, qualora queste fossero assenti, si specificassero le due estremità della strada. Agli inizi del ‘900 invece risale la nomenclatura legata al Risorgimento e all’unità d’Italia: basti pensare a Via Solferino, Via Nazionale, Via dei Mille. Dunque è interessante stilare una sorta di classifica, che qui verrà presentata solo in parte, di alcune strade che recano odonimi singolari e scoprire quanto si celi dietro di essi.
Via di Santa Passera: il nome della via non si riferisce nè al ministro, né a ciò che volgarmente si intende, ma il nome di una via nel quartiere Portuense derivante da una corruzione dal latino Abbas Cirus; l’abate martire Ciro era infatti il dedicatario originario della Chiesa fatta costruire nel 420 dalla matrona romana Teodora che qui volle deporre le spoglie dei santi Giovanni e Ciro. La chiesa fu poi ricostruita nel XIV secolo assumendo il toponimo di Santa Passera, che, per l’appunto, non è altro che la corruzione della forma latina Abbas Cirus, da cui le forme Abbaciro, Appaciro, Appacero, Pacero e in ultimo Passera.
Via dei Cessati Spiriti: si tratta di una Via del quartiere Appio il cui nome è legato a leggende popolari. Infatti i “cessati spiriti”, abitanti zone piuttosto isolate, erano dei fantasmi che, dopo aver spaventato e derubato qualche malcapitato “cessavano” appunto cioè scomparivano. Secondo altri farebbero invece riferimento agli spiriti che derubavano i viandanti presso l’Osteria dei cessati spiriti, per esorcizzare i quali venne posta una statuetta raffigurante la Vergine sulla facciata dell’edificio facendo così “cessare” gli spiriti.
Via delle Galline Bianche: il nome farebbe pensare ad un luogo destinato all’allevamento di polli e invece è legato ad una leggenda che ci riferisce anche lo stesso Plinio il Vecchio e che ha per protagonista una gallina bianca. Questa infatti, sfuggita forse alla presa di un’aquila in volo, sarebbe caduta completamente illesa in grembo a Livia, moglie di Augusto, mentre era nel giardino della sua villa nei pressi della Via Flaminia (che conserva tuttora l’odonimo, appunto Viale delle Galline Bianche). Fu così che, interpretandolo come un miracolo, Livia se ne prese cura trasportando e custodendo la gallina nella zona dell’Alta Semita (nei pressi di Via XX Settembre), chiamata anch’essa “Galline Bianche”. A questi due luoghi così denominati se ne aggiunge un terzo indicante la zona compresa tra il Quirinale e il Viminale, che reca la stessa nomenclatura. Non si spiega solo il perché si sia stato pluralizzato.
Via di Affogalasino: Sull’origine dell’antico toponimo circolano varie ipotesi. Il nome bizzarro deriverebbe da una triste vicenda accaduta ad un povero asinello annegato in un fosso dopo un violento temporale. Invece, presso gli studiosi il nome viene accreditato all’etimologia del denigratorio epiteto di “asini” con cui erano chiamati i primi cristiani e dalla consuetudine locale di condannarli con il martirio per annegamento.
Via delle Zoccolette: forse la più particolare tra le vie strane di Roma. Ebbene, così erano chiamate le orfanelle del Convento dei SS. Clemente e Crescentino fondato da papa Clemente XI nel 1715 per dei calzari da loro usati, secondo un’ipotesi poco accreditata. Stando a quanto dice Sergio Delli il vezzeggiativo era utilizzato in senso buono poiché le orfanelle, una volta uscite dal convento, erano destinate al marciapiede, almeno che non avessero trovato marito o impiego come donne di servizio. Il che era possibile, considerando che all’interno del Convento imparavano a cucire, lavare e ricamare e pertanto questo non rende l’ipotesi del Delli molto attendibile. Secondo un’altra ipotesi, invece, l’aggettivo zoccolette sarebbe stato ereditato dalle madri: infatti la maggior parte delle ragazze erano orfane di padre o comunque figlie di padre ignoto. E allora le madri le portavano in un orfanotrofio per continuare a fare le zoccole, da cui il vezzeggiativo sarebbe passato ad indicare erroneamente le povere orfanelle. Da qui Via delle Zoccolette nel rione Regola.
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