L’OMESSA COMUNICAZIONE DELLO STATO DI MALATTIA

Il licenziamento per assenza ingiustificata è legittimo se il lavoratore omette di consegnare al datore di lavoro il certificato medico, rendendo dunque l’assenza del tutto ingiustificata.
La vicenda riguardava un lavoratore licenziato per un’assenza di 4 giorni

non idoneamente giustificata in quanto lo stesso ometteva di inviare il certificato attestante l’impossibilità di rendere la propria opera lavorativa.
Nello specifico il lavoratore produceva, invece, un successivo certificato del medico curante, dove era ritenuta sufficiente un assenza di durata inferiore a quella originariamente prescritta dall’azienda sanitaria, lasciando dunque “scoperto” un arco temporale superiore a 4 giorni lavorativi.
Sia il Tribunale di primo grado che quello d’Appello, ritenevano legittimo il licenziamento, ritenendo la sanzione proporzionata alla gravità del fatto e, pertanto, il lavoratore ricorreva in Cassazione.
Secondo i giudici della Suprema Corte “il giudice d’appello ha correttamente interpretato le norme e ha verificato da un canto l’esistenza effettiva della condotta materiale (assenza dal lavoro per più di quattro giorni senza comunicare la giustificazione) e dall’altro ha approfondito anche il profilo soggettivo ed ha ravvisato, nella condotta tenuta dal lavoratore nel corso della sua assenza, un comportamento gravemente negligente, consistito nell’aver omesso di verificare la corrispondenza delle prognosi effettuate nelle due diverse certificazioni mediche acquisite (una nell’immediatezza del malore e l’altra a distanza di due giorni) ed in particolare nella non coincidenza dei termini finali tra la prima (trattenuta dal lavoratore) e la seconda inviata al datore di lavoro. Rientra infatti, tra i normali obblighi di diligenza e correttezza assicurarsi che, impedimenti nello svolgimento della prestazione, pur legittimi, non arrechino alla controparte datoriale un pregiudizio ulteriore per effetto di inesatte comunicazioni che generino un legittimo affidamento nella effettiva ripresa della prestazione lavorativa”.
Nel confermare la sentenza d’appello, la Suprema Corte ha, dunque, stabilito che il giudice ha correttamente interpretato le norme e ha verificato sia l’esistenza effettiva della condotta materiale consistente nell’assenza dal lavoro per più di quattro giorni senza comunicare la relativa giustificazione e, conseguentemente, ha ravvisato nella condotta tenuta dal lavoratore, durante la sua assenza, un comportamento gravemente negligente, consistente nell’omessa verifica della corrispondenza dei periodi delle due diverse certificazioni mediche acquisite (una nell’immediatezza del malore e l’altra a distanza di due giorni) ed, in particolare, nella non coincidenza dei termini finali tra la prima (trattenuta dal lavoratore) e la seconda (inviata al datore di lavoro).
Difatti, in base all’obbligo di diligenza (art. 2104 cod. civ.), il prestatore ha il dovere di “assicurarsi che, impedimenti nello svolgimento della prestazione, pur legittimi, non arrechino alla controparte datoriale un pregiudizio ulteriore per effetto di inesatte comunicazioni che generino un legittimo affidamento nella effettiva ripresa della prestazione lavorativa”.

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