Il massacro del Circeo: che fine ha fatto Andrea Ghira?
Impossibile da dimenticare, sembrava però una storia ormai chiusa, invece a distanza di più di 30 anni, viene riaperto il caso sul massacro del Circeo. Vittime, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, invitate a trascorrere una giornata a Lavinio con degli amici, vennero sequestrate e torturate dai tre coetanei. Condotte a Punta Rossa, Circeo, nella villa di proprietà dei genitori di uno dei tre aguzzini, compresero rapidamente le intenzioni folli dei loro accompagnatori quando, come racconterà agli inquirenti la Colasanti, unica sopravvissuta alla tragedia, venne estratta una pistola e reso palese il movente: « Verso le sei e venti, ci trovavamo tutti e quattro nel giardino della villa quando, improvvisamente, uno di loro tirò fuori la pistola. Cominciarono a dirci che appartenevano alla banda dei Marsigliesi e che Jacques, il loro capo, aveva dato l’ordine di prenderci in quanto voleva due ragazze. » Jacques Berenguer, altri non era che Andrea Ghira, il giovane studente del Giulio Cesare, militante di estrema destra, figlio del noto campione olimpico di pallanuoto Aldo Ghira. Le ore successive della serata a Villa Moresca, sono note a tutti, le due giovani vengono picchiate, seviziate, costrette nude in un bagnetto di servizio per poi finirle tra botte e soffocamenti. Ma la Colasanti, rinchiusa insieme all’amica nel portabagagli della Fiat 127, parcheggiata a via Pola, fintosi morta riuscì ad attirare l’attenzione del vicinato, con pugni e lamenti, imminente l’arrivo della polizia, dopo poche ore Izzo e Guido vengono arrestati, Ghira non si trova. La sentenza in primo grado, condanna all’ ergastolo Gianni Guido e Angelo Izzo, per Andrea Ghira, fuggito in Spagna e arruolatosi nel Tercio, sotto il nome di Massimo Testa, arriva l’ergastolo in contumacia. Nel 94 giunge la notizia da Melilla della morte per overdose di Ghira, ma tanti sono gli interrogativi e i dubbi sulla presunta morte, il corpo viene esumato, il test del DNA mitocondriale conferma che si tratta proprio dell’assassino romano. Le anomalie però continuano, la lapide viene nuovamente incisa a distanza di pochi mesi con data di morte e nome differente, si susseguono tanti avvistamenti che riconoscono in una faccia che gira indisturbata per la capitale, lo stesso barbaro Ghira. Emergono dubbi sull’esame del DNA fatto nel 2005, potrebbe trattarsi di un parente, magari i resti dello stesso padre deceduto nel 1991. La procura di Roma, pochi giorni fa, dispone nuovamente la riesumazione della salma per effettuare un nuovo test del DNA, non resta che attendere il risultato.