Aldo Vinci, un tifoso genoano temerario
Genoa-Sampdoria è senza dubbio la stracittadina più affascinante di Little Italy e un giorno andrò a vederla, claro, dagli spalti della gradinata nord, la Fossa dei Grifoni, perché da lì si vede giusto, si vede meglio.
111° derby della Lanterna, la Sampdoria è messa male, il Genoa tutta la vita, anche peggio. Finirà, purtroppo, con la vittoria dei blucerchiati 3 a 2, il Genoa si è svegliato troppo tardi.
Guest-star di questo articolo, al posto del libro, Aldo Vinci, genovese, attore e tifoso dei rossoblu grifoni.
Aldo, presentati ai lettori della rubrica di calcio e letteratura, ti va?
Volentieri, sono nato a Genova intorno alla metà degli anni 60, nel quartiere di Sestri Ponente, chiamato “La Piccola Russia” a causa del consenso elettorale sovietico vantato dai partiti della sinistra. Cresciuto tra cortili e campetti di calcio collinari, nel senso che qualcuno era proprio in salita, dopo anni di giovanile militanza politica e romantica passione per i colori Rossoblu, in assenza di date certe per la Rivoluzione e il decimo scudetto del Genoa, comincio ad esplorare il mondo del Teatro. Un’adolescenziale avventura con il Living Theatre mi convince a rifugiarmi nel ventre materno della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova, da cui esco con diploma triennale a 21 anni. Calo a Roma in veste di promettente Attor Giovane e la carriera ha inizio: Teatro Eliseo, Teatro Argentina, i Maestri come Ronconi, Lavia, Nanni, Orsini. Un po’ di cinema e doppiaggio. Non contento, ritorno a Genova e inizio con progetti di Teatro Sociale, con utenti psichiatrici, anziani, minori a rischio. Chiudo la parentesi con lo spettacolo della vita, “CAMALLI-Storie vissute e narrate dalle Genti del Porto di Genova”. La seconda esistenza romana, con annesso figliuolo testaccino, mi vede coautore e coregista di “God Save The Punk!”, spettacolo definito “cult” in scena dal 2008 al 2011. Televisione per campare e teatro solo di qualità, “LE FENICE” con G. Pambieri, “SACRO ROMANO GRA”, mia la regia e l’interpretazione dal libro di Bassetti e Matteucci, “La Trilogia dell’AmorTe” di Olivieri. E il cinema: “Amori elementari” di Sergio Basso, “#99” di Fabio Landi, cortometraggio di cui sono protagonista che sta facendo incetta di premi internazionali. Ultimo lavoro “Zeta” film di Cosimo Alemà sul mondo dell’hip hop italiano, in uscita nelle sale a Marzo 2016. In questo film, vedrete anche una “chicca” di Genoanità, grazie al reparto scenografia che mi ha assecondato. Quindi Ruben, nel clima storico e territoriale in cui sono cresciuto, era inevitabile sentirsi comunisti e, vedendo i colori del Grifo ovunque, sentirsi Genoani, quegli altri praticamente esistevano solo a Sampierdarena. Col senno di oggi dico, ma solo per consolarmi in questi tempi barbari, che avrei potuto evitare di fare l’attore e magari, dedicarmi a qualcosa di più “serio”, tipo il gioco d’azzardo, il traffico di stupefacenti, le scienze bancarie e la finanza!
Come lo hai visto questo derby?
Lo sapevo che non avrei dovuto vederlo. Anche vivendo a Roma da molti anni, riesco a percepire con chiarezza, la scientifica distruzione di un mito del futbol, il Grifone vecchio balordo. Questi killer hanno nomi e cognomi e anche soprannomi, ma il genoano viaggia sempre in direzione ostinata e contraria. Il genoano è stato il primo a nascere, calcisticamente parlando e sarà l’ultimo a morire, quindi mi intabbarro per andare a vederlo in un pub dietro via Cavour, frequentato da rugbisti anglosassoni e fascisti italici di non so quale millennio, tartarugati con il logo di Casa Pound. Il genoano però è temerario e almeno un po’ di anni fa era anche comunista e antifascista, lo ricordo da bambino, Genoa-Verona 1971-72, gradinata sud, quella degli ospiti con svastica scaligera e dalla gradinata nord, un coro, una voce sola, quella della fossa dei grifoni, “la fossa è comunista e rossa”. La partita, il mio derby è durato poco più di dieci minuti, sufficienti per capire che in campo era scesa una squadra senza capo ne coda, con giocatori fuori ruolo, ex giocatori e mercenari, tutti a seguire le direttive neuro confusionali del water di Grugliasco, colui che ha “inventato” il calcio. Esterni sulle fasce ad inciamparsi tra di loro, centrali immobili ad ammirare un panciuto butterato fermo ma con i piedini delicati che faceva girare il pallone e i compagni e dal 18° del primo tempo ho avuto la certezza, questo derby non solo lo avremmo perso ma avremmo nobilitato una compagine di scappati di casa guidati dal peggior Giuda del calcio mondiale e presieduti da un comico senza un euro ma almeno simpatico. Altro non possiamo aspettarci da una società gestita come un mercato delle vacche, senza il benché minimo progetto sportivo, asservita ad i grandi club e utile solo agli affari personali del settantuno. Il settantuno è il nome con cui viene nominato il presidente del Genoa e il settantuno nella smorfia napoletana ha un significato preciso, l’uomo di merda, quello della valigetta, quello che ci ha mandato d’ufficio in serie C, quello che si è dimenticato di pagare la licenza UEFA. L’unica certezza che questa partita non l’hanno vinta loro, l’abbiamo persa noi e molto prima di giocarla. Il Genoa è oramai solo i suoi tifosi, quelli che passano per l’invasione dell’ Anfield Road, ai quattordicimila abbonati in serie C, i Genoani-