Tango per la libertà: storia dello “Schindler” italiano in Argentina
C’era una volta l’Argentina della guerra sucia (guerra sporca), una brutale campagna repressiva nata in seguito alla destituzione del precedente governo peronista, una terra dove regnava un clima di terrore, una terra dove i diritti umani scomparivano al pari degli esseri umani. Dal 1976, infatti, l’Argentina, comunemente intesa come paese della musica e del tango, divenne tristemente nota come la patria dei desaparecidos. Circa 30.000 individui contrari o scomodi al regime furono rapiti, torturati ed assassinati (molti addirittura lanciati vivi nell’oceano durante i cosiddetti voli della morte); la maggior parte di questi risultano ancora scomparsi, mentre molti altri (circa 50.000) furono rinchiusi per anni in centri di detenzione a subire torture e sevizie.
La Rai ha voluto raccontare questo drammatico momento di storia contemporanea con la fiction in due puntate (martedì 12 e mercoledì 13 gennaio) Tango per la libertà, di Alberto Negrin, (liberamente) ispirata all’opera letteraria di Enrico Calamai Niente asilo politico, che racconta le vicende di quegli anni ed il coraggio di un uomo, lo stesso Calamai, viceconsole italiano a Buenos Aires che senza l’aiuto del consolato, mettendo a rischio la sua stessa vita, riuscì a salvare più di 300 persone perseguitate dal regime e quindi destinate a morte certa. Nel cast troviamo Alessandro Preziosi, Rocío Muñoz Morales, Giorgio Marchesi, Anna Valle e Franco Castellano.
Marco Ferreri (Alessandro Preziosi), nome di finzione ispirato a Calamai, è il viceconsole italiano a Buenos Aires durante il regime militare di Jorge Rafael Videla. Nel corso di un ricevimento in ambasciata conosce la cantante Anna Ribeiro (Rocío Muñoz Morales), e ne rimane affascinato. Quella stessa sera i militari prendono il potere nel paese seminando il caos in città. Numerosi italo-argentini svaniscono nel nulla, tra i quali la stessa sorella della Ribeiro, e Ferreri, che non riesce e restare indifferente, decide di aiutare tutti coloro che chiedono asilo politico, ma senza usufruire dell’aiuto del Governo italiano che si tira fuori da tutta la vicenda rifiutandosi di prendere una posizione (ricordiamo che il Governo italiano dell’epoca preferì una politica di comodo con le istituzioni argentine); così li nasconde negli scantinati dell’ambasciata, falsifica i loro passaporti e paga loro i biglietti aerei necessari per farli ritornare in patria.
Una storia dunque vera e molto significativa, peccato che, come accade sempre nella fiction nostrana, il sentimentalismo e quel tipico stereotipo da soap opera prevalgano inesorabilmente sul fatto storico. È infatti il sentimento il principe della narrazione a discapito dei fatti realmente accaduti. Il Calamai storico è come un fantasma che si aggira nella narrazione avvalendosi di fugaci apparizioni ma senza manifestarsi apertamente, tanto da portare lo spettatore ignaro dei reali fatti storici a chiedersi: è accaduto davvero? La sceneggiatura avrebbe dovuto, a nostro parere, sfruttare di più la verità, mostrare i fatti per quello che sono stati, rendere meglio la paura, il caos e l’orrore di una nazione in balia della dittatura militare.
Conveniamo sul fatto che l’argomento trattato è di difficile digestione e poteva benissimo essere addolcito con un po’ di zucchero, ma fare di questo zucchero l’ingrediente principale del piatto, oltre che risultare indigesto, ci sembra eccessivo. Non pretendevamo certo di visionare un capolavoro come La notte delle matite spezzate o Garage Olimpo, che raccontano i fatti dell’Argentina del 1976 senza peli sulla lingua, mostrando la nuda e cruda realtà di ciò che purtroppo avvenne, ma neanche di assistere al vecchio e noioso svolgimento della solita stucchevole storiella d’amore che ruba la scena ad una verità storica di tutto rispetto e, soprattutto, ad un uomo come Calamai che si è guadagnato meritevolmente l’appellativo di “Schindler” di Buenos Aires.
Prima della messa in onda Alessandro Preziosi ai microfoni dell’Ansa aveva dichiarato: “Sono contento che vada su Rai 1 una storia come quella di Enrico Calamai, un uomo di Stato che rischiò la vita per salvare 300 perseguitati in Argentina negli anni ’70. Un’occasione per far conoscere un pezzo di storia poco nota e dare un messaggio positivo”. Al buon Preziosi, che sicuramente è un attore collaudato e di tutto rispetto, deve essere sfuggito il fatto che, purtroppo per noi, il suo personaggio invece che introdurci le vicissitudini di una nazione in ginocchio, ha passato tutto il tempo a correre dietro alla gonnella della cantante argentina che, seppur giovane e bella, di sicuro meritava meno attenzione degli sfortunati desaparecidos.
Twitter: @Claudia78P