L’USCITA ANTICIPATA DEI LAVORATORI PENSIONABILI

Con la circolare n° 24 del 19 giugno 2013, la Direzione generale per le Politiche attive e passive del lavoro del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito chiarimenti in merito ad alcune disposizioni atte a favorire l’uscita anticipata dei lavoratori aventi validi requisiti per il pensionamento.

L’articolo 4, della legge 28 giugno 2012, n. 92 recante: “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”., al I comma stabilisce che “nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento”.
A seguito poi delle modifiche poste dall’articolo 34, comma 54, lettere b) e c) del Decreto Legge 179 del 2012 (convertito in legge n. 221 del 17 dicembre 2012) sono state introdotte due ulteriori fattispecie.
Infatti, a seguito delle modifiche di cui sopra, la medesima prestazione può essere oggetto di accordi sindacali nell’ambito: a)di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (procedure di mobilità); b) nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria, contando così tre ipotesi di uscita anticipata, e agevolata, dei lavoratori con maggiore anzianità: I) incentivo all’esodo mediante accordo aziendale; II) accordi sindacali durante le procedure di mobilità; III) processi di riduzione del personale dirigente.
Per poter avviare la prima delle tre procedure, il datore di lavoro stipulerà un accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale che avrà valore vincolante nei confronti dei singoli dipendenti solo a seguito dell’accettazione da parte degli stessi.
La seconda fattispecie, ovvero gli “Accordi sindacali nell’ambito di procedure di mobilità”, introdotta con il D. L. n. 179 del 18 ottobre 2012, si riferisce all’ipotesi in cui la medesima prestazione, di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, sia oggetto di accordi sindacali nell’ambito di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Per tale ipotesi si prevede semplicemente che la procedura di licenziamento collettivo, di cui agli articoli 4 e 24 della legge 223 del 1991, possa sfociare in un accordo (con le rappresentanze sindacali aziendali) che preveda l’impegno del datore di lavoro a farsi carico dei costi legati alla prestazione in questione.
La terza ed ultima fattispecie, ossia il “Processo di riduzione del personale dirigente” si riferisce all’ipotesi in cui l’accordo sulle prestazioni di importo pari al trattamento di pensione si collochi nell’ambito di un processo di riduzione del personale dirigente. Nell’ipotesi in esame l’Associazione sindacale autorizzata a siglare l’accordo è quella “stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria”, senza tener conto della rappresentatività presso il datore di lavoro coinvolto.

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