Zamparini, il re dei vulcanici

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Un allegro Zamparini

Zamparini si è superato. La sua fama di mangia-allenatori e di presidente vulcanico si è arricchita di un nuovo, inedito capitolo. Nella settimana nella quale un esonero pesante si è consumato (quello di Benitez del quale avevamo parlato di recente), lui è riuscito a fare qualcosa di ancor più eclatante. Ricapitoliamo i fatti. Il presidente del Palermo Zamparini ha di recente esonerato l’allenatore Iachini, che tra l’altro è quello che ha stabilito il record di permanenza alle sue dipendenze, ed ha assunto Ballardini. Fin qui nulla di strano, Zamparini è in assoluto il presidente che ha effettuato il maggior numero di esoneri (ben 37). Solo che con Ballardini non sono arrivati i risultati sperati, anzi il cammino dei rosanero è peggiorato così domenica sera, dopo la sconfitta contro la Fiorentina,  Zamparini ci ha ripensato ed ha telefonato a Ballardini per dirgli che era licenziato e che avrebbe richiamato Iachini. E Iachini aveva anche accettato ma per non meglio spiegate divergenze tecniche (probabilmente aveva chiesto acquisti ed una maggiore indipendenza) poi non se ne è fatto nulla, ed i bene informati dicono che poi il patron era furibondo. Cosa fare? Richiamare Ballardini che era stato licenziato un paio di ore prima. Il Zampa non è nuovo al richiamare il precedente allenatore, lo aveva già fatto. Nel campo dei licenziamenti di allenatori ha fatto di tutto, compreso licenziare l’allenatore ancor prima dell’inizio del campionato (Pioli), ma licenziare, assumere, licenziare di nuovo e riassumere nel giro di due ore, no, non lo aveva fatto. Non lo aveva mai fatto nessuno. Diciamo che è un record.

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Gaucci presenta il figlio di Gheddafi

Un tempo si diceva che i presidenti delle squadre di calcio erano dei ricchi scemi. A dire il vero qualcuno nemmeno era così ricco. Come vedremo. Zamparini invece non è affatto scemo. Presidente prima del Pordenone,  poi del Venezia ed infine del Palermo. Ed ha sempre avuto buoni risultati. Si è sempre avvalso di ottimi collaboratori che per lui hanno scoperto campioni che poi ha venduto a peso d’oro (Cavani e Dybala su tutti), ha sempre fatto ottimi affari, il Palermo di recente è la squadra che ha i bilanci migliori, quindi ci sa fare. Ma è uno abituato a comandare da solo e nel calcio invece c’è l’impiccio dell’allenatore che ha potere decisionale sulla squadra, e quindi appena può lui lo caccia (anche perché in genere è più economico che cambiare tutta la squadra). Si ritrova spesso a dover pagare due o tre allenatori in contemporanea ma appena le cose non vanno lui non resiste e caccia la guida tecnica. Presidente vulcanico dicevamo. Un appellativo che in genere si da a quei presidenti un po’ sopra le righe, ai quali per giunta Ballardini è abituato (prima di Zamparini ha lavorato per Lotito e per Cellino). Pensiamo al Perugia di Gaucci ed alla sua indimenticabile litigata con Matarrese. Anche lui nelle sue scelte sempre originale (fu il primo a chiamare una donna come allenatore, Carolina Morace, ma anche lei venne licenziata immediatamente), ma anche un fiuto per i talenti non da poco, ed in mercati fino ad allora sconosciuti (il giapponese Nakata, poi vincitore dello scudetto con la Roma, ed il coreano Ahn, che poi eliminò gli azzurri dai mondiali coreani con l’aiuto dell’arbitro Moreno). Poi è finito in disgrazia.

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Costantino Rozzi ed i suoi calzini rossi

Ma parlando di vulcanici non possiamo dimenticare il mitico Costantino Rozzi dell’Ascoli, club che con lui raggiunse e mantenne per anni vette mai più raggiunte, forse anche grazie ai calzini portafortuna rossi che portava sempre, ma indubbiamente per la sua capacità. Il sodalizio con Mazzone, che da allora ancora vive ad Ascoli, fu una delle pagine più belle del calcio marchigiano. Anche lui fece cose strane, tipo ingaggiare il fratello di Maradona, Hugo, che rimane uno dei bidoni più ricordati del calcio italiano, ed anche il primo africano, che di sicuro non era Drogba ma il misconosciuto Zhaoui, stipendiato al minimo sindacale di 1 milione e 200.000 lire al mese. Lo stesso Zhaoui oggi è il C.t. della Costa d’Avorio e nel 2011 ha anche battuto l’Italia in amichevole. I siparietti di Rozzi al processo del lunedi erano spassosissimi, in un calcio ancora serioso e compassato lui si rivolgeva agli altri presidenti chiamandoli per nome e sparando frasi rimaste celebri tipo “A Viola (rivolto all’allora presidente della Roma) e io mica so’ Agnelli, se te serve lo stadio te lo costruisco io nuovo con la metà dei soldi che spendete per rifare l’Olimpico, e ve lo consegno sei mesi prima”,e probabilmente aveva ragione, perché era un bravissimo costruttore e perché l’Olimpico lo fecero male e costò tantissimo. Anche Romeo Anconetani del Pisa era un presidente di quel tipo, grandi intuizioni (Bergreen, poi passato alla Roma), grandi bidoni (su tutti Caraballo), ed un modo di esultare e di rispondere nelle interviste rimasto indimenticabile (“avere e non essere è come filare e non tessere”). Ma anche all’estero c’erano personaggi simili. Nella Spagna da poco democratica si distinse il presidente Jesus Gil y Gil dell’Atletico Madrid, dichiaratamente franchista,  che possedeva un coccodrillo di nome Furia, che insultava una giornalista definendola la prostituta della carta stampata, che aveva grandi campioni come Futre che però scappavano dopo che il presidente stesso gli aveva ordinato di perdere una partita, che festeggiava i successi della sua squadra (che ci sono stati, così come una vergognosa retrocessione) sfilando sul suo cavallo che si chiamava Imperioso.

 

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Giampietro Manenti alla presentazione

Dicevamo che non tutti i presidenti sono ricchi e scemi in quanto alcuni non sono ricchi. Specialmente uno. Ed è una cosa recente. Lo scorso anno il Parma si avviava verso il fallimento e la squadra era ultima in classifica con speranze di salvezza pari allo 0. La società era passata per varie mani, da Ghirardi a Taci (altro personaggio oscuro) fino a quando non viene acquistata al prezzo simbolico di 1 euro (forse quello lo avrà versato ma non ne siamo certi) da un imprenditore italiano sconosciuto. Giampietro Manenti. L’aspetto non è certo quello di un grande imprenditore. Si presenta alla conferenza stampa spettinato, coi denti marci ed una giacchetta consunta. Si era già sentito parlare di lui quando aveva provato ad acquistare le Cartiere Pigna, poi il Brescia ed anche la Pro Vercelli. Tutte le volte era sparito al momento di mettere i soldi. Stavolta si presenta dicendo che non farà fallire il Parma ma anzi, investirà, teoricamente rimettendoci un sacco di soldi, se fallisse tutti i debiti, che sono un’infinità, non li avrebbe pagati. Ma lui tira dritto perché dice che ha alle spalle i gruppi di oligarchi russi del gas. Oibò! Si comincia ad indagare e si scopre che questo imprenditore che frequenta i magnati russi in realtà ha una società che si chiama Mapi Grup (non è un errore, Grup è scritto proprio così) con 7.500 euro di capitale versato e come sede un appartamento in Slovenia in un palazzo dall’aspetto non proprio faraonico. E questa società dovrebbe avere a che fare con la Gazprom. L’unica attività che risulta in realtà è un’impresa di pulizie che però non opera da due anni. Ma Manenti è sicuro del fatto suo, dice che i soldi stanno per arrivare, che pagherà gli stipendi e farà del Parma una potenza. Comincia a portare sempre il giaccone del Parma, si accomoda in tribuna d’onore dove alle brutte un pranzo gratis si rimedia, e sembra soddisfattissimo. Solo che i soldi non arrivano mai e l’ufficiale giudiziario si porta via gli armadietti dagli spogliatoi. Convoca una conferenza stampa in cui mostra la copia del bonifico che risolverà tutto, solo che poi si scoprirà era un falso, fino a che un giorno viene arrestato. Per trovare i soldi per il Parma si era messo in un giro di carte di credito clonate dalle quali avrebbe tirato fuori i soldi promessi. Un bluff evidentissimo che lo ha portato in carcere e del quale non s’è capita la ragione. Il Parma è ora in serie D, Manenti in attesa del processo.

 

Insomma in un calcio in cui i presidenti sono diventati principi sauditi e magnati thailandesi un imprenditore vecchio stile alla Zamparini non può che fare comunque simpatia. Anche per contestarlo, come si fa a fare un coro di contestazione ad un fondo comune di investimento? Meglio, molto meglio, sapere sempre chi comanda. E con lui chi comanda si sa. Colui che licenzia.