Alfano si dichiara estraneo al caso Shalabayeva
All’ombra dei “non sapevo” tiene duro la difesa del ministro Alfano, che spera di non dover pagare con le dimissioni il rimpatrio forzoso e illegale in Kazakistan di Alma Shalabayeva e di sua figlia. La prima testa a cadere è stata quella del capo di gabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini.
Una coltre di silenzio lunga più di un mese ha coperto l’operazione di rimpatrio, il 31 maggio, di Alma Shalabayeva e di sua figlia, prelevate dalla loro abitazione romana a Casal Palocco, portate a Ponte Galeria e poi in quattro e quattr’otto rispedite in Kazakistan, in barba a legalità e accordi internazionali sulla difesa dei diritti umani. La donna, moglie del dissidente kazako Ablyazov, per nessun motivo avrebbe dovuto essere rimandata alla mercé del presidente del Kazakistan Nazarbayev, con il rischio di essere sottoposta a barbariche violazioni dei diritti umani. Espatriandola è stata ignorata la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e sono per giunta mancati i dovuti controlli, che non hanno rilevato che Shalabayeva era in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità in Gran Bretagna. A lasciare interdetti sono l’estrema rapidità con cui si è svolta l’operazione e il fatto che non sia stato utilizzato un volo di linea per l’espatrio ma un aereo privato kazako.
Il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, sulla cui testa pendono due mozioni di sfiducia, una firmata Sel e una M5S, ha difeso in Senato la sua estraneità alla vicenda, forte della relazione redatta dal capo della polizia Alessandro Pansa. Nella relazione è riportato che i funzionari italiani non sapevano che Ablyazov, marito di Alma, fosse un dissidente politico, convinti invece che fosse un pericoloso ricercato internazionale, come sostenuto dall’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov che il 28 gennaio si era incontrato con il capo di gabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini. Alfano drizza le spalle nell’affermare che l’unica colpa – della polizia – è stata quella di trattare la questione come meramente amministrativa quando bisognava informare il governo. Come se puntare il dito sugli altri possa essere una giustificazione delle manchevolezze e delle ignoranze del ministero, sempre posto che si creda alla versione dell’estraneità, che in effetti suona piuttosto inverosimile. Comunque, come dicevano Epifani e con lui tanti altri, o per manchevolezza o per complicità dev’esserci colpevolezza del ministro. Su questo però Alfano non sembra affatto d’accordo: disegna la vicenda come una trappola di matrice kazaka, redarguisce il dipartimento di Pubblica Sicurezza e chiede al capo della polizia di riorganizzarlo completamente. Afferma, con tono quasi dispiaciuto, di aver accettato le dimissioni del suo capo di gabinetto, Procaccini, la testa che ha lasciato che rotolasse al suo posto, e ha proposto l’avvicendamento del capo della segreteria del dipartimento.
La faccenda è chiusa alla Ponzio Pilato, ma non convince. Il quotidiano ‘Unione Sarda’ dal canto suo ha riportato di un incontro a Puntaldia il 6 luglio tra Berlusconi e il presidente kazako Nazarbayev, cosa che però Berlusconi ha smentito. Resta più di qualche ombra sul caso di Shalabayeva che però ora, per dichiarazione ufficiale, potrà tornare in Italia, se lo vorrà.
di Francesca De Leonardis