Tutto Boschi: sfiducia, difesa e accusa
L’hanno ribattezzata “giaguara”, regista delle riforme costituzionali, inserita nella classifica dei 28 che stanno cambiando l’Europa dal sito Politco.ue insieme al cantante Stromae, è la blue Queen del Governo giovane di Matteo Renzi, è Maria Elena Boschi.
Sotto i riflettori da subito, la ministra delle riforme costituzionali è stata di recente messa al bando per “questioni di famiglia”. Ricapitolando la vicenda ci sarebbero delle questioni di non poco conto sui conti correnti di casa Boschi: sia il padre Pier Luigi Boschi che il fratello Emanuele sarebbero infatti, visti i ruoli ricoperti in Banca Etruria, al centro dello scandalo sulle obbligazioni subordinate che hanno ridotto sul lastrico centinaia di risparmiatori. L’uno, Emanuele, in quanto dirigente della banca, l’altro, Pier Luigi, che ha già subito una sanzione di 144mila euro dalla Banca d’Italia per «violazioni di disposizioni sulla governante, carenze e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza», in quanto membro del cda di Banca Etruria e quindi attualmente indagato dalle procure di Arezzo e Firenze. Alla luce di questo il Movimento cinque stelle presenta il 14 dicembre una mozione di sfiducia contro il Ministro «per il coinvolgimento personale e familiare nelle vicende della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio nonché in relazione ai recenti provvedimenti che hanno interessato l’istituto di credito». Il 19 dicembre è il voto in aula; «orgogliosa e puntigliosa», scrive l’Ansa, Maria Elena entra e sfida l’arena in una melassa di parole e abbracci a tutti coloro venuti lì a sostenerla. Sfileranno tutti i membri della maggioranza a stringerle la mano mentre dal pulpito la Boschi contrattaccherà: «Volete indebolire il governo? Lasciate perdere» e ancora «io sono dalla parte delle istituzioni e non ho mai favorito familiari o amici, non c’è nessun conflitto d’interessi», «i colleghi sono liberi di pensare quello che vogliono ma dico che le maldicenze, i chiacchiericci che mi hanno coinvolto non mi fanno paura», «io amo mio padre», «se mio padre fosse stato davvero favorito sarei stata la prima a dimettermi». Dibattito che continuerà acceso per tutto il prosieguo e che si infervorerà alla replica del deputato Alessandro Di Battista (M5S): «Il dottor Boschi è stato nominato vice presidente e un mese dopo la figlia è diventata ministro, pensate di prendere in giro il Paese con il vostro doppiogiochismo» continuando «la Boschi ha un conflitto di interessi grande non come una casa, ma come una banca tutelata dall’intervento del governo, lei è il punto d’intermediazione tra la Banca e suo padre, non ci interessa il quantitativo ma la problematica politica. Un ministro deve essere al di sopra di ogni sospetto e lei non lo è. Il fatto che non forse presente ai consigli dei ministri dove sono stati assunti provvedimenti in materia di banche avvalora il suo conflitto d’interessi e non la protegge».
Alla fine della fiera il ministro Boschi è stato riconfermato al luccichio di ben 373 contrari e 129 favorevoli alla sfiducia. Tralasciando i commenti a caldo tra cui quello del Premier che a sommessamente festeggiato il voto commentando: «Leggendo l’intervento del ministro Boschi e le risposte in aula, mi pare del tutto evidente che si tratta di un clamoroso boomerang per il Movimento 5 stelle»; forse è bene ricordare qualche precedente che inizia per Maurizio Lupi e finisce per Annamaria Cancellieri. L’uno attualmente ex Ministro delle infrastrutture dimessosi per faccenda di orologi donati al figlio e biglietti regalati alla moglie da Ettore Incalza, poi rivelatosi al centro delle inchieste sul sottoattraversamento fiorentino della Tav ma gotha nel Ministero delle Infrastrutture. L’altra ex Ministro della Giustizia al centro di un’accesa polemica a seguito di presunti favoritismi verso un’illustre detenuta, Giulia Ligresti, e la sua scarcerazione, dimissioni queste largamente caldeggiate dall’attuale Premier che il 19 novembre di due anni fa dichiarava: «Sono per le sue dimissioni, indipendentemente dall’avviso di garanzia o meno». Visti i risultati e i voltagabbana, la domanda dunque sorge spontanea: siamo sicuri di conoscere la differenza tra garantismo e opportunità politica in questo Paese?