A qualcuno piace austerity: nuovi guai per Grecia e Portogallo
Se esiste un incubo ricorrente per gran parte dei cittadini del Sud Europa, quello ha un nome ben preciso: Troika.
In merito, le storie di Grecia e Portogallo proseguono in un drammatico parallelo sotto l’attenta lente di ingrandimento di banche e burocrati, con un percentuale – ma ormai tristemente rituale – disinteresse circa i diritti umani.
Sono odierne le nuove dichiarazioni che pongono le basi per un ulteriori tumulti nel futuro dell’area ellenica, culla di quella democrazia pubblica che lì nacque e lì sta venendo affossata. All’Europarlamento è infatti intervenuto Mario Draghi, il romano più importante di questo continente, Presidente della Banca Centrale Europea: «gli sforzi fatti non devono essere vanificati» sono state le sue parole, a conferma di quell’austerità e quel rigore che, se pur afferma un «disagio sociale» equiparato a una tragedia, viene ritenuto «inevitabile». In caso si decidesse di gettar giù il castello di carte, o di cambiar mazzo infatti, già si sa «come reagirebbero i mercati» e – probabilmente – gli effetti relativi sull’economia reale. Tradotto in pillole: nuovi tagli, accelerata di neoliberismo, ulteriori privatizzazioni. E non basta per la Grecia il taglio dell’orchestra sinfonica e la chiusura – annunciata ma respinta dalla Corte Costituzionale – della televisione di Stato. Così come non basta la svendita di isole ed arcipelaghi a sceicchi come fossero vestiti in saldo al mercato delle pulci. E non basta neanche la provocazione di qualche anno fa della Finlandia, che propose la vendita del Partenone e dei gioielli di famiglia in garanzia, per un valore di 300 miliardi di beni archeologici. E allora? Allora si affilino le forbici: per ricevere gli 8 miliardi di aiuti, la richiesta è quella della messa in mobilità di 12500 dipendenti pubblici che, se non verranno assorbiti dai privati, si troveranno per strada. Eppure, per le piazze in questi giorni i greci ci sono andati, nuovamente, a prescindere da eventuali licenziamenti: a farne le spese è stato il Sindaco di Atene George Kaminis, aggredito da una folla che, non paga, gli ha pure sfasciato l’automobile.
Ma non c’è solo la Grecia nell’occhio della Troika: la battaglia si gioca dura anche in Portogallo. Anche qui la Corte Costituzionale ha in passato respinto alcune proposte di tagli economici, dichiarati incostituzionali. Ma si sa, la testa dell’asino è dura ed è per questo che oggi il vice premier Pedro Passos Coelho, incaricato straordinariamente delle relazioni economiche del paese, sta provando a convincere gli eurocrati della solidità dell’attuale governo per poter rispettare i diktat economici europei; peraltro proprio 4 giorni dopo il disfacimento della coalizione di governo, causato dalle dimissioni di Ministro delle Finanze e Ministro degli Esteri, che hanno messo in crisi l’agenda governativa del paese e in preallarme una possibile tranche di aiuti economici per Lisbona.
Tutto ciò, è bene ricordarlo, alla vigilia delle elezioni tedesche: i diritti civili e umani degli europei possono attendere.
di Mauro Agatone