Monsieur David: “Vi racconto i miei piedi”

Nell’Emilio, Jean-Jacques Rousseau scriveva che i primi maestri di filosofia sono i nostri piedi, le nostre mani, i nostri occhi. David Rausa, in arte Monsieur David, è sicuramente il nostro maestro/filosofo dei piedi. Dopo aver emozionato il pubblico di Colorado su Italia1, continua a stupire grandi e piccini nel magico spazio del teatro. L’arte di David si contraddistingue per la sua continua sperimentazione e ricerca. Attraverso i suoi piedi, protagonisti delle sue storie, ci conduce in splendide dimensioni e in mondi inesplorati, un po’ come è stato per noi intervistarlo.

monsieur david artistaMonsieur David, dopo l’esperienza a Colorado, cosa pensi della dimensione televisiva?

L’esperienza della televisione per me è stata esplosiva e inaspettata. Ricordo che ci fu un’occasione particolare in cui Pino Insegno vide quello che facevo e ne rimase così coinvolto da darmi la spinta giusta per arrivare a Colorado. E’ stata un’esperienza strana perché, venendo da un ambiente totalmente diverso, l’impatto con le dinamiche televisive è stato travolgente: si corre sempre e il tempo è spesso limitato. Quindi mi toccava accelerare tutti i miei numeri, risolvere subito eventuali problemi del programma e registrare la puntata di prova. Nel complesso è stata un’esperienza positiva, ovviamente prediligo sempre il teatro con tutta la sua lentezza, preparazione meditativa, molto più partecipe sotto il punto di vista dello spirito e del sentire. Sicuramente l’essere apparso sul piccolo schermo mi ha aiutato a farmi conoscere dal grande pubblico, ma tocca tener presente che non si finisce mai di migliorare e di lavorare, anche perché la gente potrebbe far presto a dimenticarsi di te. Senza dubbio, la televisione è e resta una grande opportunità.

Parlando del rapporto con il pubblico, pensi ci sia una differenza qualitativa tra gli spettatori televisivi e quelli teatrali?

Certo. Il pubblico televisivo è un pubblico preconfezionato. Sicuramente anche in questa massa troviamo delle persone sensibili che, nonostante siano agglomerate in un così grande contenitore, hanno la possibilità e la capacità di afferrare le cose buone e le cose belle che vengono offerte loro. Ma trattandosi di un pubblico pilotato, resta difficile da identificare e comprendere. Il pubblico a teatro è chiaramente diverso perché innanzitutto decide di pagare un biglietto e quindi, se l’ha pagato, va da sé che ha già compiuto una scelta a monte ed è predisposto a dare tutta la sua attenzione e tutto il suo calore. Il pubblico del teatro ha più sfumature rispetto a quello televiso, è più colorato.

Esiste più libertà artistica in televisione o a teatro?

A teatro c’è una sorta di libertà ma in questa libertà ci sono sempre delle responsabilità. Bisogna avere coscienza perché, per quanto sia più libero, lo spettacolo potrebbe non essere gradito. Dario Viola diceva che, se la gente a teatro avesse il telecomando, probabilmente cambierebbe continuamente canale e proprio perché che non ce l’ha non è detto che quello che proponiamo in libertà sia sempre la cosa giusta. Quello che posso dire è che, a differenza della tv, il teatro è sicuramente più permissivo.

Pensi di ritornare in tv?

Sì. Ho avuto l’occasione di andare a Domenica In ed è stata un’esperienza ancora più bella perché la Rai ha sempre un’accoglienza molto elegante, molto raffinata. L’impatto con il programma è stato piacevole. C’è la voglia di ritornare in televisione ma con qualcosa di valido e di sostanzioso. Non ho fretta perché l’intenzione è quella di arrivarci pieno di stile e di contenuti. Approdare frettolosamente in tv è pericoloso: si rischia di fare cavolate e, quindi, di non arrivare dove si vuole e si deve.

Come nascono la passione per il teatro del piede e le storie dei tuoi personaggi?

Il teatro del piede è un’arte molto antica ma negli ultimi settant’anni si è persa un po’ di vista . E’ un’arte che dà l’opportunità di conoscere meglio il proprio corpo. Ad esempio, quando sto lavorando alle mie storie, la prima cosa che accade è quella di sentire il mio corpo. In questo processo tutti i sensi si affinano e divengono, di conseguenza, più raffinati. C’è sempre un’idea alla base di ciò che racconto, ma non seguo degli schemi. Quando decido di crearne una parto dalla musica, non dalla trama. La musica mi dà delle sensazioni, magari un luogo e probabilmente anche un personaggio. Lasciandomi trasportare dalle frequenze musicali, procedo un po’ d’istinto e quello che visualizzo lo racconto e, se mi piace, lo trascino nel mio repertorio. Il teatro del piede è nato da una lunga ricerca, mentre stavo preparando altro.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Dopo l’esperienza dell’estate scorsa al Giffoni Film Festival, in cui ho presentato Fantasia a piede libero, sono stato notato da Rai YoYo che ha gradito molto il mio format. Attualmente sono in trattativa perché si pensa di ideare un programma con i miei personaggi. Inoltre sto lavorando a un nuovo progetto, Double Face, che spero sia pronto in primavera. Tengo molto a questo spettacolo perché, in una società in cui tutti sono focalizzati sulla crisi, mi piacerebbe parlare di opportunità e sottolineare quindi l’altra faccia (tra tutte le facce), quella positiva. Ci saranno molti personaggi con le mani e una new entry che farà compagnia a Monsieur David. Nel frattempo attendo un nuovo lavoro che mi porterà in giro per l’Europa. L’intento è sempre quello di creare e di dare al pubblico l’occasione di vedere un mondo che non conosce. Importantissimi per me sono i miei collaboratori: il 19enne Alan Maggi, in arte Mago Alan, ricco di ambizione e voglia di venir fuori, e la danzatrice Federica Gumina, la quale, dopo un trascorso da ballerina di tango argentino, negli ultimi anni sta sperimentando il teatro-danza. Parlare dei miei colleghi è sempre un gran piacere e questo vorrei sottolinearlo.

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