Roma agli ottavi di Champions League tra i fischi dei tifosi
La solita Roma. Da un mese a questa parte, da inizio stagione ad oggi, costantemente da un anno e mezzo. Senza gioco, senza idee, spenta e monotematica pareggia 0-0 con il Bate Borisov e grazie anche al pareggio tra Bayer Leverkusen e Barcellona, passa il turno in Champions League, accedendo agli ottavi di finale dopo cinque anni di assenza.
Della partita c’è poco da dire. Una Roma propositiva più per “dovere” che per reale convinzione. Le statistiche di cui Garcia e Florenzi si riempiono la bocca nel post partita “abbiamo fatto 24 tiri” sono solamente freddi calcoli ufficiali. La partita ha raccontato una Roma impaurita nei suoi uomini, che ha cercato di attaccare un Bate Borisov arroccato in difesa, riuscendo realmente ad impensierire il portiere bielorusso in pochissime occasioni. La costante del match è stata la totale mancanza di idee dei giallorossi, aggrappati alle giocate dei singoli, tra cui quella fatta da Szczesny, che con una parata miracolosa al 78’ salva la stagione romanista blindando lo 0-0. L’emblema della serata si palesa al fischio finale: ottavi di finale raggiunti e giocatori salutati da tutto lo stadio con un fiume di fischi senza fine.
Vista l’importanza data ai numeri dall’allenatore è giusto analizzare altri numeri che dovrebbero far rabbrividire la società Roma. I giallorossi vanno avanti ottenendo appena 6 punti, eguagliando il record negativo dello Zenit del 2013, subendo 16 gol in sei partite, diventando la peggior difesa ad aver superato i gironi e non avendo mai battuto l’ultima classificata del proprio girone. Ma come ormai capita da tempo in casa Roma il post partita è pieno di positività, con questo perenne sguardo al futuro che svia i problemi presenti alla ricerca di utopici miglioramenti. “Abbiamo provato di tutto per segnare. – ha dichiarato Garcia a fine partita – Potevamo fare meglio e dobbiamo anche ringraziare Szczesny per il suo intervento, ma ci siamo qualificati e in questo momento è l’unica cosa che importa. Anzi, in un momento negativo siamo stati ancora più bravi a passare questo girone. A Febbraio sarà tutta un’altra storia.”
Ma in questa situazione di insoddisfazione generale poteva mancare l’accusa all’ambiente? Poteva mancare l’alibi ambientale perennemente usato per coprire errori e colpe? Ovviamente no. Infatti sia Garcia che Pallotta, con l’ormai nota tecnica del distogliere l’attenzione, a fine partita accusano: “Noi più forti della negatività di questo ambiente” dichiara il francese stizzito. Il carico da novanta viene però direttamente dal Presidente Pallotta: “La squadra si merita un ambiente e un pubblico migliori. Questi giocatori vanno rispettati.“ Questi giocatori andrebbero allenati. A questi giocatori andrebbe dato un gioco, impartito un dettame tattico da seguire in campo. L’ambiente non può essere un alibi quando le cose vanno male e un vanto quando le cose vanno bene. L’ambiente è lo stesso che dopo il 7-1 del Bayern Monaco ha applaudito la squadra. E’ lo stesso che dopo il derby di Coppa Italia ha accolto la squadra l’anno successivo al grido di “Non saper rimediare ad una sconfitta è peggiore della sconfitta stessa”. Ma è anche quello che si vergogna di un passaggio del turno immeritato e giustamente fischia una squadra ormai vuota, scarica e con un allenatore commissariato da giugno 2015.