Leone nel basilico: favola sacra e metropolitana
A quindici anni di distanza dal suo ultimo film torna sui grandi schermi il regista Leone Pompucci, con una commedia amara e surreale. Leone nel basilico mette in scena le debolezze e i limiti umani, e ci fa capire che non è mai troppo tardi per abbattere i muri che ci siamo costruiti intorno. In una caldissima Roma, il 14 d’Agosto, conosciamo Maria Celeste (Ida Di Benedetto), vedova sulla sessantina. La donna vive in un ospizio che chiama “albergo”, è di un’appariscenza pirandelliana, al limite del buongusto, eccessivamente truccata, tirchia, antipatica, altezzosa, ma soprattutto estremamente sola. Una persona interrotta, che ha vissuto un’esistenza insoddisfacente e che si trova a fare i conti con il nulla che le rimane alla fine della sua vita.
E’ domenica, e come ogni weekend la donna mente alle compagne di stanza, dicendo che andrà a cucinare il pranzo al figlio, quando invece con il figlio non parla da tre anni e passa le sue giornate fuori dall’albergo su una panchina della stazione. Quel giorno, mentre Maria Celeste è nel dormiveglia a causa dei sonniferi che ha preso, una ragazza eccentrica e stralunata (interpretata dalla bellissima Catrinel Marlon) si avvicina e le lascia in braccio un bambino. Da quel momento le successive quarantotto ore dell’anziana donna saranno del tutto bizzarre e inaspettate, e la porteranno a rivoluzionare sé stessa pur di proteggere la giovane creatura.
Una storia inconsueta e intrisa di poesia, dai toni mistici e teatrali. Leone, questo bambino solo al mondo e bisognoso d’amore, diventa il simbolo della purezza e dell’assenza di peccato, in contrasto con dei personaggi che si troveranno a riflettere sulle loro vite dense di errori, rimpianti e inutili rigidità. Il piccolo dal valore evangelico permetterà infine a Maria Celeste, madonna storta e deragliata, di redimersi e di scegliere finalmente di darsi e di cogliere la bellezza che la vita le può ancora donare, di capire che “c’è un cuore buttato da qualche parte che non riusciamo a cogliere”, come afferma lo stesso Pompucci. Giulietta, la madre di Leone, vive in una follia che per lei è normale, sentendo che sono gli altri a non capirla. Maria Celeste e gli altri protagonisti del film vivono in una follia comune, realistica, diffusa, sono personaggi nei quali è facile riconoscersi e immedesimarsi, e che avranno, attraverso il bambino, la possibilità finalmente di raccontarsi dal proprio punto di vista, declamando i propri traumi a voce alta.
La pellicola vede inoltre la partecipazione di Carla Signoris, Augusto Fornari, Mariano Rigillo e un ancora esordiente Domenico Diele.